martedì 30 novembre 2010

Risposta a Lucia su Saviano e Maroni

ciao Lu,
scusa se sono prolisso ma scrivendo non ho fatto caso al numero dei caratteri e così ho dovuto fare un post a parte (tu lo sai quando parlo)!
Dunque:
un blogger (sempre se davvero mi possa identificare come tale) non per forza deve verificare la veridicità di ciò che scrive perchè non è un giornalista, non lavora per nessuno tranne che per i suoi lettori.
Se spara cavolate se ne assume la totale responsabilità e non viene più letto.
Dunque non per forza deve seguire una trasmissione che a pelle non gli piace, ma appunto per questo approfitta del blog per scrivere che la trasmissione in voga e guardata da 9 milioni di persone, a lui non gli piace!
Maroni ha fatto bene a sfidare Saviano. Prima gli ha arrestato Iovine, il suo peggior nemico, e poi è andato a dire che se conosce nomi e cognomi di persone colluse, di amministratori in combutta, di funzionari del partito fiancheggiatori parli, lo dica apertamente, vada in una procura e lo dica perchè che c'è la n'drangheta al Nord lo sanno tutti!Da un momento all'altro anche Grillo gli ha detto: "insomma Roberto fai almeno mezzo nome"!
Ribadisco che a me non è dispiaciuto affatto che Saviao lo dicesse, tuttavia, cara Lucia, quando parli in tv devi stare attento a quello che dici perchè anche involontariamente "induci" lo spettatore a pensare, pensare, pensare la linea implicita che vuoi far passare tu (vicenda Galasso docet).
E' proprio incredibile come usi il termine "IMPOSTA" in una trasmissione a senso unico, con i Welby e i Coscioni da una parte, con tutti lo star system progressista dei comici rigorosamente divertenti ma rigorosamente antiberlusconiani, con Saviano sindaco d'Italia che dà una botta a Berlusconi e l'altra a Berlusconi.
Quando c'è uno solo, controcorrente, che vuole dire la propria, eccoti che questo viene "imposto": davvero singolare, davvero.
Non c'entra il colore politico di Saviano, anche se, come dice Nando, mi sa che si è montato la testa da quando ha conosciuto, a proprio malincuore, la popolarità.
Tu affermi:"non credo che il suo popolo di riferimento sia la sinistra".
Cara Lucia, basta ad andare a vedere la quantità di appelli e firme raccolte sotto la sua guida con "Repubblica", un quotidiano della destra...certamente!
A proposito del mio presidente, che è anche il tuo a meno che non rinneghi di essere italiana, è vero che non ama il contraddittorio perchè è un presuntuoso e arrogante nell'interloquire in un dibattito ma è pur vero però che se al suo posto io mi dovessi confrontare con chi alla prima occasione mi apostrofa come stragista, mafioso, assassino, ladro, anche io ci penserei...

Concludo su Sciascia e l'antica polemica dei "professionisti dell'antimafia" (vedi su http://www.italialibri.net/dossier/mafia/professionistiantimafia.html).
Leonardo Sciascia nel suo articolo sul corriere della sera del gennaio 1987 fece il nome di alcuni magistrati che avevano usufruito di certi favori da parte della proprio organismo di riferimento per ottenere posti di rilievo nelle più importanti procure del Paese. Tra questi egli fece il nome di un certo Paolo Emanuele Borsellino che ottenne l'incarico per "anzianità di servizio" presso la procura di Marsala. L'obiettivo di Sciascia non era Borsellino; infatti lo scrittore, appena ve ne fu l'occasione, in un pubblico convegno, si chiarì e i due si riconciliarono perchè Borsellino da uomo intelligente capì il vero bersaglio di Sciascia ma ormai l'eco giornalistico e scandalistico aveva preso piede i tutto il paese e passò per sempre l'idea che Sciascia ce l'avesse con Borsellino (chissà proprio con lui poi...).
L'obiettivo di Sciascia era il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) cara Lucia. Quell'organizzazione autoreferenziale (che guarda e giudica se stessa) che opera senza tener conto che si tratta di un organismo all'interno del corpo statale e non un'entità a sè.
L'obiettivo era provocare una reazione negli ambienti "alti" della magistratura affinchè le nomine interne non venissero fatte per anzianità ma bensì per merito (cosa che, stai sicura Lucia, Borsellino avrebbe sicuramente ottenuto proprio in virtù del grandissimo operato che aveva svolto come sostituto nella grande Palermo).
Borsellino non aveva bisogno di essere eletto per anzianità ma,al contrario, per merito.
Era questo l'obiettivo di Sciascia, quello di colpire il CSM e il meccanismo delle nomine interne. Pe rafforzare la difesa dello scrittore/polemista siciliano posso annotarti ciò che ha scritto Adriano Sofri recentemente a proposito della polemica:"Va ricordato che la formula del titolo, "I professionisti dell'antimafia", non era stata di Sciascia ma del Corriere" per fare ovviamente più scandalo, aggiungo io.
Cara Lucia, che strano personaggio questo Sciascia, così profetico da prevedere che proprio quel CSM (che lui stesso nell'87 criticò), avrebbe poi bocciato Giovanni Falcone alla nomina di procuratore capo a Palermo e poi come Superprocuratore: Il CSM, proprio il CSM, quell'entità che lo scrittore aveva prima di tutti criticato per la gestione interna!
Quando si dice la lungimiranza degli scrittori maledetti.

Nessuno scrive niente...?




















Ai pm di Palermo, Giovanni Conso (che, all'indomani degli attentati mafiosi, si arrese alla loro minaccia e autorizzò la cancellazione del carcere duro – il 41 bis – per 140 boss mafiosi del carcere dell'Ucciardone) ha detto che la decisione fu presa «in solitudine» da lui per «evitare che ci fossero altre stragi».
È impossibile che un ministro della giustizia del governo Ciampi possa prendere una decisione del genere da solo. E, in ogni caso, la sua motivazione purtroppo conferma che, per paura del peggio, anziché alzare la difesa da parte dello Stato, ha accontentato la mafia.
In un paese normale su quest'ammissione scoppierebbe una santabarbara. Ma Ciampi non attira i fulmini. (Italia Oggi).

E' davvero scandaloso che nessun militante antiberlusconiano scriva qualcosa in proposito. tutti zitti, schisci schisci eppure stavano sfasciando l'italia con un paio di provvedimenti.
La verità è che non c'è stato nessun pentito, o meglio, non è stato utilizzato nessun pentito che fosse disponibile ad inventarsi la storiella del Berlusconi che, prima di scendere in politica, chiede a Conso di annullare i provvedimenti: mi viene il vomito...è più forte di me, non lo so nanananananana cantiamoci sopra...

domenica 21 novembre 2010

Date una mano a Don Salvatore!


Negli anni 80 lo chiamavano "mister 5%" per la sua straordinaria abilità di possedere una quota nelle grandi aziende del capitalismo italiano (da De Benedetti alla Pirelli fino a Pesenti).
Per capire quel che sta accadendo dovremmo conoscere innanzitutto la struttura azionaria del principale gioiello sul quale si fonda l'impero di Don Salvatore Ligresti.
Il gruppo Ligresti si poggia su tre pilatri: assicurazioni, immobili e finanza. Quest'impero viene a sua volta controllato dalla Holding Premafin che fa capo ai suoi figli. Secondo alcuni conti, lo scorso anno quest'ultima ha chiuso con un passivo di 412 milioni di euro.
Nel 2207 il titolo in borsa valeva due euro mentre adesso siamo vicini ad un euro e la relativa capitalizzazione (per capitalizzazione si intende il valore effettivo dell'azienda) è scesa notevolmente passando da 770 milioni di euro circa a 440.
L'attività delle assicurazioni è divisa in due grandi compagnie: la "Fondiaria SAI" e la "Milano" entrambe in rosso nel ramo polizze vita e sinistri, vuoi per la congiuntura economica vuoi per calcoli sbagliati.
Come scrive Stefano Cingolani, un giornalista esperto nell'ambiente "le sue partecipazioni nei grandi gruppi industriali sono compromessi perchè Ligresti è presente in Alitalia, nella società che gestisce gli aereoporti di Roma, Impregilo e RCS ovvero il Corriere della sera).
A livello immobiliare Ligresti si è lanciato nella costruzione di vecchie aree dismesse nel nord Italia come Milano (nuovo compelsso a Porta Garibaldi oltre a centinaia di terreni in costruzione per l'Expo del 2015), Torino e Roma (le torri del quartiere EUR).
A differenza invece degli immobiliaristi tipo Ricucci e Statuto che compravo palazzi nei centri delle grandi città, li ristrutturavano e li rivendevano, Ligresti ha puntato sulle periferie da riqualificare appunto.
Il controllo del suo impero è diviso in parti uguali alle tre figlie e al suo 4° figlio che gestiscono tramite società che hanno sede in Lussemburgo.
Giulia Maria disegna borse, la sua passione.
Dall'inizio della sua cavalcata, a metà degli anni Settanta, Ligresti ha rischiato più volte di andare a gambe all'aria, ma è sempre stato sostenuto e salvato dal fior fiore del mondo bancario, a cominciare da Enrico Cuccia.
L'incontro con il padrino dell'alta finanza è avvenuto per caso, quando don Salvatore era snobbato dal club dei poteri forti e lo chiamavano Totò: "Ero all'aeroporto di Fiumicino - ricorda - aspettando il volo Alitalia per Milano, tradizionalmente in ritardo. E lui si trovava accanto a me. Cominciammo a parlare e abbiamo fatto subito amicizia". Semplice, come le cose vere. Come gli esordi. E' ancora Ligresti a raccontarlo nella prima intervista concessa, nel febbraio 1986, ad Anna Di Martino del Mondo: "Avevo saputo della possibilità di costruire, ma ci volevano 15 milioni e io ne avevo solo cinque. Sono andato al Credito Commerciale, mi ha ricevuto il direttore generale Mascherpa, è stato a sentire e poi mi ha dato dieci milioni. Ho fatto il progetto e ho rivenduto per 50 milioni. Era il 1962" (parte protetta da copyright:Il Foglio).
Salvatore è nato a Paternò in provincia di Catania nel 1932 da una famiglia di commercianti che possedeva anche vasti appezzamenti di terreni come agrumeti e Salvatore viene manato a studiare ingegneria a Padova mentre il fratello più grande, medico, fa carriera dirigendo e acquistando cliniche private.
Si trasferisce a Milano dove conosce un certo Virgillito, suo compaesano, che ha fatto fortuna vendendo le case dei milanesi che avevano lasciato per sfuggire all'invasione tedesca.
Virgillito scala la Liquigas e poi assume Ligresti.
Ligresti viene presentato a Virgillito da un certo La Russa, nonno dell'attuale ministro della difesa, che era parlamentare dell'MSI, il vecchio movimento sociale italiano.
Dopo una serie di fallimenti, Virgillito lascia la Liquigas a Ligresti e da lì inizia l'avventura perchè il ragazzo si mostra davvero in gamba facendo affari con De Benedetti.
Evidentemente non tutto viene fatto alla luce del sole perchè proprio qualche anno più tardi viene rapita la moglie e ci vogliono 600 milioni per pagare il riscatto ad alcune cosce palermitane dei Marchese affiliati a Stefano Bontade.
L'inchiesta però non porta a nulla e Salvatore riesce ad emergere.
Arriva Tangentopoli e anche lui viene travolto dalle accuse, da qui segue la galera, viene messo nella stessa cella di un tossicodipendente e alla fine sconterà la pena con l'affidamento ai servizi sociali.
Tutta questa storia ovviamente gli fa perdere il titolo di onorabilità che è un requisito essenziale nel dirigere una compagnia assicurativa.
Quando però si tratta di comprare la Fondiaria dalla Montedison, la Consob richiede che si venga lanciata un' OPA, cosa che LIgresti non può fare perchè a corto di liquidità. A questo punto viene salvato da Geronzi e Bazoli che lo aiutano nella scalata e lo fanno entrare nel salotto che conta, ovvero quello di RCS Corriere della Sera.
L'aiuto che gli concedono è finalizzato ad evitare che la Fondiaria finisca in mano alla FIAT e così che la figlia stringe un'alleanza di ferro con Profumo che ricambierà il favore concedendo un prestito enorme per una ricapitalizzazione (ecco perchè nella guerra interna all'Unicredit Ligresti appoggia apertamente Profumo).
Nell'ultima battaglia della famiglia Ligresti cìèla possibilità di ricapitalizzare le sue imprese così ha bisogno di soldi.Chi li può dare i soldi? Vincent Bollorè, il finanziare bretone amico di Berlsuconi e presente nella grande Mediobanca.
Nella nuova organizzazione la famiglia Ligresti ha il 36 per cento delle azioni e Bollorè il 25, lui incassa i soldi e riparte, come sempre giocando sul filo del grande capitalismo italiano.

sabato 20 novembre 2010

Tra Saviano e Maroni...


Premetto subito che non voglio schierarmi nelle tifoserie tra i pro e contro Saviano. Per me è una persona alla quale va tutto il nostro rispetto, gratitudine e senso di riconoscenza per tutto quello che ha fatto e che farà nei confronti della mafia.
Non voglio che si ripeta la stessa sorte che toccò a Falcone, odiato da vivo e osannato da morto da quelle stesse persone che avevano detto e scritto peste e corna contro di lui. Quindi sono schietto e sincero: W Saviano ora et semper ma...
Ci sono tante cose che non mi piacciono e che naturalmente non condivido: il narcisismo televisivo, la parzialità dei monologhi.
L'ho bastonato quando credevo che avesse esagerato e quando si atteggia a tribuno della plebe con la presunzione di avere sempre la verità in tasca.
Non condivido la sua scelta di sottrarsi al confronto, al dibattito con altre persone autorevoli che ne sanno almeno quanto lui sulla mafia.
Non mi è paiciuto questo suo schierarsi nettamente a sinistra per compiacere il suo popolo di riferimento, il suo far parte per forza della sinstra perchè è cool ed è figo essere di sinistra più che esserlo di destra, sopratutto una destra Berlusconiana.
Non seguo in televisione il suo programma perchè non lo ritengo interessante e perchè non sono un abituale tv watcher ma seguo ciò che succede dietro e mi sono fatto una mia opinione.
In questo post vorrei soffermarmi sulla polemica tra Saviano e il ministro Maroni.
Saviano da sempre dice cose che tutti sanno ma che nessuno scrive ed ha una capacità di documentazione straordinaria come dimostra il suo best seller Gomorra.
Nell'ultima puntata ha detto che la n'drangheta fa affari al nord, in Lombardia sopratutto, che anche al Nord dunque è presente la mafia e non solo al sud, che anche al nord, nella bianca Lombardia ci sono politici che sono collusi con la mafia, che prendono le tangenti, che fanno le raccomandazioni, che taglieggiano i negozi e le aziende sopratutto nel movimento terra e nell'edilizia.
Bene a Saviano nonostante queste cose si sapevano!
Ma la cosa mi ha fatto lo stesso piacere perchè sono stanco di vedere fiction, di vedere film, di leggere romanzi ambientati in sicilia e nel sud dove non fanno altro che collegare la mafia al territorio meridionale e in particolare a quello siciliano.
Sono stanco e per questo se una volta all'anno c'è una persona che dice di fronte a 9 milioni di spettatori e a chiare lettere che la mafia fa affaroni al nord, a Milano e in Lombardia, non penso che sia da criminalizzare perchè in caso contrario i siciliani dovrebbero boicottare il "Padrino" e i "Sopranos" e denunciare Francis Ford Coppola!
La cosa che mi ha fatto andare i bestia è che Saviano ha commesso lo stesso errore della scorsa puntata dove ha messo in cattiva luce Alfredo Galasso, facendo vedere un filmato dove litigava con Falcone durante una trasmissione inducendo così il telespettatore a pensare che quel Galasso fosse uno dei traditori di Falcone quando Alfredo Glasso è stato un grande magistrato che combattè la mafia quanto Falcone, che difese i familiari delle vittime di Ustica e le famiglie delle vittime di mafia durante il maxiprocesso di Palermo istruito peraltro dal famoso Pool.
Detto questo Saviano, parlando della n'drangheta al nord, ha facilmente accostato la Lega nord alla malavita, e Maroni dunque è stato, anche se indirettamente, chiamato in causa in quanto espressione di quel partito che Saviano dice di essere più o meno colluso, di essere in parte responsabile per le infiltrazioni mafiose negli appalti delle regioni settentrionali.
La cosa che non sopporto è che in questo genere di trasmissioni non ci sia un contraddittorio, un altra persona che dica la sua, che cerca di difendersi.
Così sembra un processo dove c'è il pubblico ministero ma non l'imputato: un processo mediatico insomma!
E' facile come fa Saviano, è facile dire che "chi ce l'ha con me è contro di me, chi ce l'ha con me è un Sandokan o uno Schiavone e fa il gioco della malavita". Così è facile, caro Saviano.
Adesso Maroni ha dovuto, dopo ripetute pressioni e convincimenti, faticare tanto per ottenere una presenza che farà ancora aumentare l'audience e arricchire Berlusconi visto che la Endemol, la società che produce il format, è di sua proprietà, anzi della sua famiglia e delle sue figlie!
Maroni ha dovuto arrestare il boss Schiavone per essere invitato e sicuramente ribatterà colpo su colpo alle accuse lanciate dallo scrittore.
Ma trattare male Maroni e la Lega, un partito che è al governo, un governo che con l'aiuto di magistrati e forze militari più di ogni altro ha fatto contro la mafia, equivale a spezzare il fronte comune contro la mafia..facendo paradossalmente il gioco della mafia.
La stessa accusa che rivolgevano a Leonardo Sciascia quando criticava l'eccessivo protagonismo di alcuni magistrati antimafia. A Sciascia gli rimproveravano il fatto che se criticava l'antimafia, la mafia si rafforzava.
Non è lo stesso paralogismo nei confronti di Saviano? Se critica l'antimafia dei fatti di Maroni non fa un favore alla mafia?

Da ora in poi annoterò tutti poveri disgraziati trucidati...

LIBERTA' PER ASIA BIBI
A cena da amici mi sono imbattuto in una discussione che fortunatamente è durata poco perchè l'atmosfera si stava surriscaldando e lo status di invitato non permetteva uscite fuori dalle righe.
Mi sono trovato a dibattere con carissime persone a proposito dell'islam e dello scontro di civiltà vero o presunto in atto nella società del mondo contemporaneo.
La versione dei commensali era molto morbida e tollerante verso l'islam e la religione degli stati arabi sostenendo che la questione violenza/terrorismo non sia altro che un'interpretazione dei pochi cattivi in confronto dei moltissimi buoni.
La discussione non si è potuta approfondire perchè ci servivano ancora molti opinioi per inquadrare il nostro pensiero. In ogni caso già nelle premesse si era capito che andavamo su binari diversi e separati.
La cosa che più mi ha colpito è che si cercava di minimizzare, quasi negare, la persecuzione che viene ininterrottamente attuata negli stati a maggioranza mussulmana: che il vignettista danese aveva torto, che le minacce a Magdhi ALlam sia ad opere di pochissimi fanatici, ecc...ecc...
Ho avuto l'impressione che si volesse dare un'immagine quasi assolutoria e giustificatrice dettata dalle diverse condizioni di vita, dalla profonda diversità culturale ecc..ecc...
Ovviamente non mi dilungo anche perchè non sarebbe corretto nei confronti degli amici qualora leggessero e potrebbero aggiungere altre cose che sono state dette a riguardo. Dunque con questo blog, grazie al blog, da ora in poi lancerò appelli virtuali affinchè si sottolineino le condizioni che i cristiani patiscono nel mondo mussulmano.
Da oggi e tralascio gli altri centinaia di casi precedenti ma non per questo non meritevoli della nostra più totale compassione e preghiera, si inizia per chiedere la libertà di Asia Bibi.
Asia Bibi è stata accusata da un tribunale pakistano di blasfemia, un reato presente nel codice penale pakistano e in quasi tutti i codici degli stati mussulmani.
Asia è stata prima definita "impura" cioè non mussulmana e poi è accusata di aver offeso Maometto quindi imprigionata e picchiata e non si sa se torturata (ma ormai che ci siamo non lo possiamo neanche escludere del tutto).
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno si è proposto di lanciare un'iniziativa popolare a riguardo e il Papa ha già lanciato il proprio monito.
L'art. 285 del codice penale di questi regimi è solo una scusa, uno strumento in mano ai governi per eliminare le minoranze religiose e ci sono organizzazioni internazionali le quali riferiscono che l'85% delle accuse si rivelano false ed infondate.
Non ci sono solo i regimi islamici alla testa di queste persecuzioni, bisogna anche menzionare regimi quali Cuba o la Cina che fanno dell'ateismo di stato la propria religione.
Ricordiamo sempre le parole nel vangelo:" come hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" e ancora:" Beati voi, quando vi perseguiteranno e, mentendo, diranno male di voi per causa mia"

Determinazione teutonica

Mezza Europa, compresa l'Italia, ce l'ha con la cancelliera Angela Merkel.
Quest'ultima è accusata di pretendere austerità, rigore e stabilità dei conti pubblici nei paesi della zona euro. A loro volta gli stati si difendono dicendo che la Germania, da sempre principale motore economico europeo e grande sostenitore dei conti in ordine, abbia approfittato della sua forza per imporre un euro debole per far respirare le proprie aziende numero uno al mondo per volumi e quantità di merce esportata.
Sarebbe così, anche noi dovremmo beneficiarne poichè siamo solo secondi dietro loro per quantità di esportazioni, eppure tra noi e loro la differenza è abissale.
Una delle paure della Germania è derivata dal fatto che una volta che gli stati entrano in crisi, secondo gli accordi strappati dall'Italia, Spagna, Portogalllo, Grecia, Irlanda e Francia all'Ecofin, dove si è creato un fondo europeo salva stati per sostenere gli stati in difficoltà, è il fondo che dovrebbe intervenire e il fondo è finanziato dagli stati in proporzione al valore del PIL prodotto..quindi più dalle altre dalla Germania! Perchè il contribuente tedesco dovrebbe pagare per errori e lassismo degli altri governi europei?
La verità è che con l'attuale crisi degli stati che nom sembra arrestarsi anzi viene alimentata dalla nuova crisi irlandese, i governi hanno lasciato andare un pò troppo i propri conti pubblici sforando il rapporto deficit/PIL.
Questo è vero e su questo la Merkel ha ragione perchè se davvero teniamo all'euro allora le finanze devono essere messe a posto per attirare la fiducia dei mercati.
Nel caso dell'Italia per esempio, la Merkel giustamente ci critica perchè in 18 anni, dalla firma del trattato di Maastricht, siamo partiti con un rapporto tra debito/PIL al 108% e siamo arrivati all'attuale 118% NONOSTANTE I 14 PUNTI DI PIL INCASSATI GRAZIE ALLE PRIVATIZZAZIONI di questi ultimi anni.

L'ENNESIMO MIRACOLO TEDESCO

Per meglio comprendere le ragioni della Merkel basta andare a guadare i sacrifici e gli sforzi sostenuti da questo paese negli ultimi anni.
La crisi del 2008 ha toccato la Germania come tutti gli Stati ma la verità che i tedeschi avevano già messo tanto fieno in cascina negli anni passati.
Basta solo pensare che appena nel 2004/05 la Germania ha accumulato 5 milioni di disoccupati perchè ha deciso di delocalizzare le industrie con un alto tasso di manodopera ad est o addirittura all'estero investendo però su un settore altamente tecnnologico e ad alta richiesta di personale specializzato.
La cosa in quel tempo sembrò una pazzia e infatti l'allora cancelliere Scroeder in netto vantaggio alle lezioni lasciò il paese in una sorta di pareggio politico/elettorale causato appunto dallo scontento di mezza Germania.
Adesso la Germania ha 3 milioni circa di disoccupati, secondo i dati disponibili, il numero più basso da 18 anni a questa parte.
Ecco perchè adesso i tedeschi, dall'alto della propria sicurezza, impartiscono lezione di austerità e rigore!

Libri da leggere

Negli ultimi giorni in America è uscito un libro dal titolo lungo ma accattivante per chi volesse conoscere il meccanismo interno della politica americana e in particolare l'organizzazione interna allo staff del presidente Obama.
Il titolo del libro è:" Revival. the struggle for survival inside the Obama White House" ovvero "Rinnovamento. Lo sforzo per sopravvivere dentro la Casa Bianca di Obama".
Ho letto la recensione su un quotidiano e direi che è un libro davvero interessante perchè è scritto da un giornalista esperto, un cronista politico che in Italia sarebbe chiamato "squalo" del Transatlantico, ovvero colui che raccoglie le indiscrezioni dei politici mentre discutono privatamente nel corridoio dal pavimento blu di Montecitorio, giornalisticamente battezzato transatlantico appunto.
Il libro riporta le dichiarazioni ed i fatti accaduti all'interno dello staff del presidente, il magnifico staff che ha plasmato e creato la straordinaria campagna elettorale che ha portato Obama alla vittoria contro la potentissima Clinton prima e Mc Carthy dopo..
Si inizia con il consigliere economico Larry Summers che fu anche ministro economico nel 1999 con Clinton, che si è appena dimesso per andare a ritornare ad insegnare all'Università di Harvard.
Si conclude con il grande capo staff Ralph Emanuel, anch'egli dimessosi a seguito di alcune incomprensioni.
Un altro libro interessante sempre sullo stesso argomento sembra essere quello uscito un paio di settimane fa in america scritto da Noam Chomsky.
Egli appartiene al radical left, ovvero alla sinistra radicale delusa da Obama. Anche in questo caso il titolo è interessante:"America, no we can't".
Raccontano che la parte finale del libro sia una critica feroce ad Obama considerato dallo scrittore "ostaggio di una squadra a sua volta tenuta in pugno dai conflitti di interesse e dal grande capitale, capace di manipolare l'azione del governo orientando i media". Capito bene? "orientando i media"..ma allora non solo in Italia abbiamo un dittatore che controlla le tv e manipola le menti delle persone!

L'odio e la violenza.

Politica&Società

Il fango non c'entra. Il fango, se c'è, lo puoi togliere di dosso, è un elemento che ti si appiccica addosso ma non penetra a fondo. Insudicia ma non ferisce. Colpisce ma non morde, perchè col tempo il fango se è fango si indurisce e cade da solo.
La macchina del'odio invece ha fatto schizzare la violenza verbale verso temperature altissime. I social network poi sono diventati vere e proprie discariche verbali dove chiunque si ritiene titolato ad esercitare la più disinibita arte dell'insulto: le parole si trasformano in proiettili di cartucciere distribuite senza licenza.
Gradualmente si sostituisce la famigerata legge del beduino: il nemico del mio amico è mio amico e il nemico del mio nemico è mio amico!
Nel ring del dibattito tutto è permesso: la denigrazione, l'insulto, la degradazione personale, la diffamazione e i sigilli di infamia.
Attualizzando il dibattito sociale dei nostri tempi possiamo dire che l'amico di un tempo diventa all'improvviso servo, sciocco, cameriere del potente di turno, vittima da scannare e il suo scalpo il trofeo da gettare sul tavolo al centro dell'osteria.
L'odore sanguinolento dello scannatoio che come prima regola è non avere regole.

Pensiero liberamente tratto dall'intervento di Angelo Mellone. Sono ripresi alcuni concetti dello scrittore/giornalista.

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