domenica 27 febbraio 2011

La Politica e la Giustizia secondo me e secondo Travaglio&Lucia

Il seguente post è un articolo uscito su Panorama tempo fa sulla presunta intervista a Paolo Borsellino che accusa Berlusconi. Questo botta e risposta è l'ultimo di una lunghissima serie di discussioni via facebook che mi ha visto impegnato con la mia amica Lucia.
"IL FALSO TESTAMENTO DI BORSELLINO".
Da anni si ripete che nell’ultima intervista il giudice accusò Berlusconi. Non è vero. E quella non fu neppure l’ultima intervista.
C'è una favola che viene raccontata da una decina d'anni dai professionisti dell'antimafia, in articoli e in libri, e in trasmissioni televisive, quelle dette di approfondimento.
E' la favola dell' “ultima” intervista di Paolo Borsellino: prima di morire, straziato dal tritolo in via D'Amelio sotto la casa della madre, il giudice avrebbe consegnato a un giornalista francese una specie di testamento, nel quale per primo, e due anni prima della discesa in campo del Cavaliere, denunciava i rapporti con la mafia di Silvio Berlusconi. La morale della favola è pacifica: se lo diceva Paolo Borsellino, e sono state le sue ultime parole, e tanto tempo prima delle inchieste e dei processi...
Che c'è di vero? Niente. Tranne il fatto, risaputo molto tempo dopo, che il 21 maggio del 1992, due giorni prima della strage di Capaci, dove fu ucciso Giovanni Falcone e due mesi prima della strage di via D'Amelio, Borsellino aveva ricevuto a casa sua, a Palermo, un certo Fabrizio Calvi, accompagnato da un operatore televisivo, e aveva parlato con loro per un paio d'ore.
Di che cosa in quella occasione si erano detti, il giudice e il giornalista e l'operatore, e dell'intervista che ne sarebbe stata ricavata, e dell'inchiesta di cui quell'intervista avrebbe dovuto far parte, non si era saputo mai niente. Non se ne parlò né due giorni dopo, quando fu ammazzato Falcone, né due mesi dopo, quando fu ammazzato Borsellino (e Dio sa se questa non sarebbe stata l'occasione migliore per rivelare le presunte “ultime volontà” del giudice assassinato), né nei due anni successivi. Finchè, l'8 aprile del 1994, due anni dopo il colloquio tra il giudice e i giornalisti, e in coincidenza con l'annuncio data dall'onorevole Luciano Violante, allora presidente della commissione parlamentare Antimafia, di una inchiesta per mafia a carico di Marcello Dell'Utri, comparve improvvisamente sull'Espresso un “resoconto” della conversazione. E dovevano passare ancora sette anni prima che, nell'aprile dei 2001, proprio alla vigilia delle elezioni politiche, un “montaggio” del filmato fosse trasmesso, prima da Rainews 24 e poi da Michele Santoro in una puntata del “Raggio verde”.
Solo in quest'ultima occasione si seppe dalla viva voce dell'autore Fabrizio Calvi che il filmato originario dell'intervista durava circa mezz'ora, che non era stato mai utilizzato, né in Francia né in Italia, né era stato mai trasmesso in tv né mai trascritto, in tutto o in parte, in libri o giornali, e che alla fine era andato smarrito, e che il filmato trasmesso, che era della durata di soli dieci minuti (quasi solo la terza parte dell'originale), ne era soltanto una “sintesi” (realizzata arbitrariamente con un sistema di tagli e cuci), e che questa sintesi non corrispondeva perfettamente nemmeno al resoconto, pur esso parziale, pubblicato dall'Espresso.
Ma che dice Paolo Borsellino, in questa sintesi della sintesi dell'intervista tagliata e cucita, di così importante a proposito dei rapporti con la mafia di Silvio Berlusconi, e se non direttamente di Berlusconi, almeno di Marcello Dell'Utri? Assolutamente niente. Sono i giornalisti che insistono con le domande, partendo dal solito “stalliere” Vittorio Mangano, e cercano di strappargli di bocca qualcosa, ma il giudice ostinatamente nega e si sottrae. Qualche esempio delle risposte di Borsellino: “Non sono a conoscenza di questo episodio”; “probabilmente non si tratta della stessa intercettazione”; “Dell'Utri non è stato imputato nel maxiprocesso, per quanto io ricordi...”; “non ne conosco i particolari”; “si tratta di atti processuali dei quali non mi sono personalmente occupato, quindi sui quali non potrei rivelare nulla”; “non mi dovete fare queste domande su Dell'Utri perché siccome non mi sono interessato io personalmente, dal punto di vista della mia professione ne so pochissimo, conseguentemente quello che so io è quello che può risultare dai giornali, non è comunque una conoscenza professionale e sul punto non ho altri ricordi”; “che Mangano e Dell'Utri sono di Palermo tutti e due, non è una considerazione che induce alcuna conclusione... non è detto che si conoscessero”; “so dell'esistenza di Rapisarda , ma non me ne sono mai occupato personalmente”; “per quanto riguarda Dell'Utri e Rapisarda non so fornirle particolari indicazioni...”; “non le saprei dire in proposito”; “io non ho personalmente elementi da poter esprimere...”, “questa vicenda che riguarderebbe i rapporti con Berlusconi è una vicenda che non mi appartiene... quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla”.
Ma il falso principale, il punto sul quale in questi anni i professionisti dell'antimafia hanno più insistito e continuano a insistere, quello che dovrebbe più effetto sugli sprovveduti e gli ignoranti, l'elemento più emozionale ed emozionante della falsa ultima intervista, che quelle su Berlusconi e la mafia sarebbero state “le ultime parole” del martire Borsellino, il falso più falso è proprio questo, che il colloquio con i giornalisti francesi del 21 maggio del '92 non è “l'ultima” intervista di Borsellino.
Un mese dopo, trenta giorni dopo la strage di Capaci e la morte del suo amico Falcone, e un mese prima di essere ucciso a sua volta, il 23 giugno, Borsellino riceve nello studio di casa sua, in via Cilea, un altro giornalista, un giornalista italiano, e si racconta. Questa sarà veramente la sua ultima intervista, l'ultima intervista trasmessa prima della strage di via D'Amelio. Ed è veramente drammatica, e può essere considerata il suo testamento, c'è persino il presagio di ciò che sta per succedergli: “Dalla morte di questo mio vecchio amico e compagno di lavoro la mia vita è cambiata... mi sento un sopravvissuto... ricordo ciò che mi disse Ninni Cassará allorché ci stavamo recando insieme sul luogo dove era stato ucciso il dottore Montana... Mi disse: ‘Convinciamoci che noi siamo dei cadaveri che camminano...’. ”
E a chi l' ha data quest'ultima intervista, a chi ha consegnato questo testamento Paolo Borsellino, poco prima di morire? Al vice direttore di Canale 5, a un giornalista  della televisione di Silvio Berlusconi. Il martire della mafia, l'ultima volta che ha parlato, ha parlato con il “mafioso”.

Articolo di Lino Jannuzzi apparso sul settimanale Panorama nella consueta rubrica Tazebao, curato dallo stesso Jannuzzi.

sabato 12 febbraio 2011

Un giorno con L'Elefantino e in mutande...ma vivo!



Foto scattata dalla giornalista di SKY.it in occasione della manifestazione "In mutande ma vivi" indetta al Teatro Del Verme di Milano da Giuliano Ferrara.
Sotto la foto sul sito è comparso la mia (molto strimizzita e sintetizzata) dichiarazione a favore della manifestazione.
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Ftg24.sky.it%2Ftg24%2Fcronaca%2Fphotogallery%2F2011%2F02%2F12%2Fgiuliano_ferrara_silvio_berlusconi_in_mutande_ma_vivi_milano_popup.html%3Fp%3D13&h=e8e97

Nei commenti, qui sotto, sto per pubblicare gli interi interventi delle personalità intellettuali che hanno detto la loro.

venerdì 11 febbraio 2011

Ecco perchè Assange ci ha rivelato che Berlusconi fa i nostri interessi...

In uno dei molti "leaks" è rivelata l'irritazione statunitense per gli intesi e proficui rapporti tra L'Italia e la Russia e in particolare la stretta amicizia tra Berlusconi e Putin.
alcune rivelazioni nell'area mediorientale (Yemen/USA, Egitto/Al Fatah/Israele Operazione militare "Piombo Fuso") possono creare serie ripercussioni. Per il resto, come espressamente rammentano dal NYT e dal Foglio, molte di quelle presunte rivelazioni erano già state fatte presenti nelle riviste specializzate. La vera differenza è stata quella di essere state accompagnate da presunti gossip...cmq dovrei personalmente ringraziare Assange perchè mi ha fatto capire che Silvio Berlusconi fa davvero i miei interessi, gli interessi dello Stato Italiano.
Capisco l'irritazione di quanti, ideologicamente sempre contro il governo, si arrampicano sui presunti rapporti poco chiari tra ENI e Gazprom.
L'amicizia tra SB e VPutin ha portato enormi vantaggi all'Italia, sopratutto nel campo degli affari.
Questo è la vera scocciatura degli americani, perchè al solito vogliono che gli stati NATO siano allineati con la propria politica e vedono come potenzialmente dannoso qualsiasi altro rapporto che non soddisfi le loro esigenze.
L'interscambio Russia/Italia dal 1998 al 2008 è aumentato del 230% precisamente dai 2,7 a 9,5 miliardi di dollari.
Quando Gazprom voleva incorporare una piccola società di ENI, la gazpromneft, nei suoi asset, intervenne SB che lo esortò a rivedere i termini dell'accordo che sembravano troppo penalizzanti per l'Italia.
VP e SB durante la crisi georgiana si sono sentiti al telefono ogni giorno come racconta Spogli, l'ambasciatore americano.
La vera ragione di insoddisfazione, da parte degli americani, è che l'Italia avrebbe dovuto partecipare al progetto gasdotto Nabucco dove la presenza americana nella quota del progetto è rilevante. Peccato però che Nabucco deve passare al confine dell'Iran che appunto deve fornire gas: bel modo di diversificare in tempi di embargo!
I manuali di politica energetica, dove la parola politica sta anche per geopolitica, ci inducono a pensare che effettivamente la Russia non è così onnipotente come sembra (per dirla con le tue parole).
Infatti il gasdotto, che sia South Stream o Nabucco, non vincola solo gli acquirenti ma anche i produttori perchè genera un flusso di movimenti che va ad impattare nella relativa bilancia dei pagamenti.
Ritengo dunque, aldilà delle sterili polemiche sul ruolo di SB, che la nostra azione in quest'ottica sia stata salutare perchè, puntando sul gas, si riduce il potere dell' OPEC e di stati come Iran e Venezuela.
E credimi, io mi fiderei più dell'Ucraina Europeizzata che di un Iran destabilizzante e sotto embargo internazionale.
Non credo invece del ruolo predominante di SB nel conflitto georgiano. Li' il grosso lo ha fatto Sarkozy che, alla prima vera prova del suo mandato in ambito "crisi internazionali" aveva tutta la voglia di convincere Putin e Sahashvili a non forzare la corda: e ci riusci (ricordiamoci la visita lampo che la Francia fece in Russia).
La Russia mostrò i muscoli e la Georgia si adeguò perchè capì che un Bush a fine mandato (eravamo agli sgoccioli) non avrebbe garantito la copertura necessaria a qualche colpo di testa imprudente.
Quando tu sostieni che: "Ho tendenza a pensare che avere due gaseodotti concorrenti possa essere una buona soluzione in termini di concorrenza" dici una verità che implica un'altra verità che corrobora la tesi berlusconiana: la Libia. Perchè avendo una "terza fonte" e diversificando dunque i nostri approvvigionamenti, rimarremo sempre più "autonomi" e meno "ricattabili" dall'amico Putin di turno.
E' davvero singolare che oltretutto ci si concentra solo ed esclusivamente sui rapporti SB-VP quando il vero portavoce di Putin è un certo Gerard Shroeder il quale già ai tempi di primo ministro definì il rapporto con Putin una "mannerfreundshaften, un'amicizia tra galantuomini" e dopo aver addirittura adottato una bambina russa, dichiarò che "Valdimir Putin è un democratico al 100%".
P.S. Riguardo alla tua nota del sincero interesse di SB per l'Italia, rispondo dicendoti che farei volentieri a meno nel dover sottolineare una cosa che dovrebbe essere ovvia...ma se siamo costretti ancora una volta a sottolineare questa ovvietà è perchè la stampa progressista e l'opposizione più oltranzista non lo riconoscono.
Quindi se loro lo attribuissero e lo riconoscessero autonomamente, non ci sarebbe bisogno di queste superflue precisazioni circa il sincero interesse di SB per le questioni energetiche.

scambio con Stefano Gatto, Jefe de Misión (Encargado de negocios) at Delegación de la Unión Europea en El Salvador. (che tradotto è il delegato per gli affari negoziali con El Salvador della rappresentanza diplomatica dell'unione Europea).

Bellissimo discorso di Obama


TUCSON, Ariz. - Questo è il testo del lungo discorso di Obama in memoria delle 5 vittime dell'attentato alla senatrice repubblica Gabrielle Giffords a Tucson, in Arizona nel corso del suo comizio finito in una strage ad opera di uno squilibrato.
Ho cercato di tradurre (per quanto fedele possa essere la mia traduzione) il testo ma mi sono fermato quando sono arrivato a meno della metà del discorso! Troppo lungo... ma bello! Cliccando sul titolo potete vedere il video tratto da youtube.

"To the families of those we've lost; to all who called them friends; to the students of this university, the public servants gathered tonight, and the people of Tucson and Arizona: I have come here tonight as an American who, like all Americans, kneels to pray with you today, and will stand by you tomorrow.

Alle famiglie di coloro che abbiamo perso; a tutti coloro gli erano amici; agli studenti di questa università, tutti i funzionari pubblici radunati qui stasera, e ai cittadini di Tucson e dell'Arizona: Sono venuto qui stasera come un Americano che, come tutti gli Americani, si genuflette per pregare con voi oggi, e stare con voi domani.

There is nothing I can say that will fill the sudden hole torn in your hearts. But know this: the hopes of a nation are here tonight. We mourn with you for the fallen. We join you in your grief. And we add our faith to yours that Representative Gabrielle Giffords and the other living victims of this tragedy pull through.

Non c'è niente da dire che riempirà l'improvviso buco scavato nei vostri cuori. Ma sappiate questo: le speranze della nazione sono qui stanotte. Noi piangiamo con voi per i caduti. Ci uniamo a voi nel vostro lutto. E aggiungiamo la nostra fede che la vostra Rappresentante Gabrielle Giffords e le altre vittime e i sopravvissuti di questa tragedia possano farcela.
As Scripture tells us:

There is a river whose streams make glad the city of God,
the holy place where the Most High dwells.
God is within her, she will not fall;
God will help her at break of day.

La Bibbia ci dice:

C'è un Fiume il cui corso rende felice la città di Dio,
un posto sacro dove l'Altissimo dimora.
Dio è dentro di lei, lei non cadrà;
Dio l'aiuterà all'alba del giorno.

[...]

Our hearts are full of hope and thanks for the 13 Americans who survived the shooting, including the congresswoman many of them went to see on Saturday. I have just come from the University Medical Center, just a mile from here, where our friend Gabby courageously fights to recover even as we speak. And I can tell you this - she knows we're here and she knows we love her and she knows that we will be rooting for her throughout what will be a difficult journey.

I nostri cuori sono pieni di speranza e grazie ai 13 americani che sono sopravvissuti alla sparatoria inclusa la parlamentare, molti di loro erano andati a vederla Sabato.
Sono appena rtornato dall'university of Medical Center, a poche miglia da qui, dove la nostra amca Gabby lotta coraggiosamente anche quando mentre noi parliamo. Io posso dirvi questo- lei sa che siamo qui e lei sa che l'amiamo e lei sa che tiferemo per lei attraverso ciò che sarà un difficile viaggio.

And our hearts are full of gratitude for those who saved others. We are grateful for Daniel Hernandez, a volunteer in Gabby's office who ran through the chaos to minister to his boss, tending to her wounds to keep her alive. We are grateful for the men who tackled the gunman as he stopped to reload [...].
I nostri cuori sono pieni di riconoscenza per coloro che hanno salvato gli altri. Siamo grati a Daniel Fernandez, un volontario del gabinetto di Gabby che si è precipitato a soccorrere il proprio capo prendendosi cura delle ferite per tenerla viva. Siamo grati per gli uomini che hanno bloccato il killer nel omento che lui si è fermato per ricaricare.

These men and women remind us that heroism is found not only on the fields of battle. They remind us that heroism does not require special training or physical strength. Heroism is here, all around us, in the hearts of so many of our fellow citizens, just waiting to be summoned - as it was on Saturday morning.

Their actions, their selflessness, also pose a challenge to each of us. It raises the question of what, beyond the prayers and expressions of concern, is required of us going forward. How can we honor the fallen? How can we be true to their memory?

You see, when a tragedy like this strikes, it is part of our nature to demand explanations - to try to impose some order on the chaos, and make sense out of that which seems senseless. Already we've seen a national conversation commence, not only about the motivations behind these killings, but about everything from the merits of gun safety laws to the adequacy of our mental health systems. Much of this process, of debating what might be done to prevent such tragedies in the future, is an essential ingredient in our exercise of self-government.

But at a time when our discourse has become so sharply polarized - at a time when we are far too eager to lay the blame for all that ails the world at the feet of those who think differently than we do - it's important for us to pause for a moment and make sure that we are talking with each other in a way that heals, not a way that wounds.

Scripture tells us that there is evil in the world, and that terrible things happen for reasons that defy human understanding. In the words of Job, "when I looked for light, then came darkness." Bad things happen, and we must guard against simple explanations in the aftermath.

For the truth is that none of us can know exactly what triggered this vicious attack. None of us can know with any certainty what might have stopped those shots from being fired, or what thoughts lurked in the inner recesses of a violent man's mind.

So yes, we must examine all the facts behind this tragedy. We cannot and will not be passive in the face of such violence. We should be willing to challenge old assumptions in order to lessen the prospects of violence in the future.

But what we can't do is use this tragedy as one more occasion to turn on one another. As we discuss these issues, let each of us do so with a good dose of humility. Rather than pointing fingers or assigning blame, let us use this occasion to expand our moral imaginations, to listen to each other more carefully, to sharpen our instincts for empathy, and remind ourselves of all the ways our hopes and dreams are bound together.

After all, that's what most of us do when we lose someone in our family - especially if the loss is unexpected. We're shaken from our routines, and forced to look inward. We reflect on the past. Did we spend enough time with an aging parent, we wonder. Did we express our gratitude for all the sacrifices they made for us? Did we tell a spouse just how desperately we loved them, not just once in awhile but every single day?

So sudden loss causes us to look backward - but it also forces us to look forward, to reflect on the present and the future, on the manner in which we live our lives and nurture our relationships with those who are still with us. We may ask ourselves if we've shown enough kindness and generosity and compassion to the people in our lives. Perhaps we question whether we are doing right by our children, or our community, and whether our priorities are in order. We recognize our own mortality, and are reminded that in the fleeting time we have on this earth, what matters is not wealth, or status, or power, or fame - but rather, how well we have loved, and what small part we have played in bettering the lives of others.

That process of reflection, of making sure we align our values with our actions - that, I believe, is what a tragedy like this requires. For those who were harmed, those who were killed - they are part of our family, an American family 300 million strong. We may not have known them personally, but we surely see ourselves in them. In George and Dot, in Dorwan and Mavy, we sense the abiding love we have for our own husbands, our own wives, our own life partners. Phyllis - she's our mom or grandma; Gabe our brother or son. In Judge Roll, we recognize not only a man who prized his family and doing his job well, but also a man who embodied America's fidelity to the law. In Gabby, we see a reflection of our public spiritedness, that desire to participate in that sometimes frustrating, sometimes contentious, but always necessary and never-ending process to form a more perfect union.

And in Christina...in Christina we see all of our children. So curious, so trusting, so energetic and full of magic.

So deserving of our love.

And so deserving of our good example. If this tragedy prompts reflection and debate, as it should, let's make sure it's worthy of those we have lost. Let's make sure it's not on the usual plane of politics and point scoring and pettiness that drifts away with the next news cycle.

The loss of these wonderful people should make every one of us strive to be better in our private lives - to be better friends and neighbors, co-workers and parents. And if, as has been discussed in recent days, their deaths help usher in more civility in our public discourse, let's remember that it is not because a simple lack of civility caused this tragedy, but rather because only a more civil and honest public discourse can help us face up to our challenges as a nation, in a way that would make them proud. It should be because we want to live up to the example of public servants like John Roll and Gabby Giffords, who knew first and foremost that we are all Americans, and that we can question each other's ideas without questioning each other's love of country, and that our task, working together, is to constantly widen the circle of our concern so that we bequeath the American dream to future generations.

I believe we can be better. Those who died here, those who saved lives here - they help me believe. We may not be able to stop all evil in the world, but I know that how we treat one another is entirely up to us. I believe that for all our imperfections, we are full of decency and goodness, and that the forces that divide us are not as strong as those that unite us.

That's what I believe, in part because that's what a child like Christina Taylor Green believed. Imagine: here was a young girl who was just becoming aware of our democracy; just beginning to understand the obligations of citizenship; just starting to glimpse the fact that someday she too might play a part in shaping her nation's future. She had been elected to her student council; she saw public service as something exciting, something hopeful. She was off to meet her congresswoman, someone she was sure was good and important and might be a role model. She saw all this through the eyes of a child, undimmed by the cynicism or vitriol that we adults all too often just take for granted.

I want us to live up to her expectations. I want our democracy to be as good as she imagined it. All of us - we should do everything we can to make sure this country lives up to our children's expectations.

Christina was given to us on September 11th, 2001, one of 50 babies born that day to be pictured in a book called "Faces of Hope." On either side of her photo in that book were simple wishes for a child's life. "I hope you help those in need," read one. "I hope you know all of the words to the National Anthem and sing it with your hand over your heart. I hope you jump in rain puddles."

If there are rain puddles in heaven, Christina is jumping in them today. And here on Earth, we place our hands over our hearts, and commit ourselves as Americans to forging a country that is forever worthy of her gentle, happy spirit.

May God bless and keep those we've lost in restful and eternal peace. May He love and watch over the survivors. And may He bless the United States of America."

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