domenica 4 dicembre 2011

Il pianto della Fornero: traduzione.


Ecco cosa voleva , ma non è riuscita a dire causa emozione, la Fornero nella conferenza stampa che enunciava le misure restrittive del governo:

"cari ragazzi:
nonostante il nostro Belpaese è comunque tra i primi 4 al mondo per introiti turistici.
Nonostante sia ancora il primo Paese del Pianeta per l'immenso patrimonio artistico e culturale che ospita.
Nonostante l'Italia conta più di 200 distretti industriali che hanno al loro interno una miriade di piccole/medie imprese tra loro collegate ed aggregate tali da formare la spina dorsale del sistema produttivo nostrano.
Nonostante il nostro Paese nel 2004 vantava ben 9 regioni nella graduatoria europea delle 40 regioni del continente con il più alto livello di prodotto interno lordo pro capite a parità di potere d'acquisto come la sola Germania che ne esprimeva 9, davanti all' Inghilterra (4) e la Francia (1).
Nonostante l'elevata esposizione del debito pubblico è preoccupante ma patrimonialmente solido poichè garantito da un elevato risparmio privato e una casa di proprietà oltre all'indefinito valore del patrimonio pubblico immobiliare, di un avanzo primario positivo (entrate/uscite al netto degli interessi), di un 130 miliardi di "sommerso" ovvero PIL nascosto e in nero che produciamo.
Nonostante il PIL ufficiale nelle statistiche è sottostimato a causa anche della particolare struttura proprietaria delle imprese italiane che, essendo prevalentemente familiari, a differenza delle grandi società europee quotate in Borsa, non consolidano nei loro bilanci tutta la ricchezza effettivamente prodotta e posseduta.
Nonostante esprimiamo ancora le "4 A" dell'eccellenza manufatturiera italiana: Agroalimentare, Abbigliamento-moda, Arredo-casa, Automazione-meccanica.
In particolare: 18 mld di valore aggiunto che viene dall'abbigliamento (più della telefonia/TV delle industrie tedesche e finlandesi).
42 mld di valore aggiunto nell'abbigliamento-moda e arredo-casa (più del valore aggiunto dell'intera industria tedesca dell' automobile in quanto leader mondiale o superiore all' intero comparto industriale della Svezia pari a 41 mld di euro).
54 mld di valore aggiunto dell'industria meccanica escludendo l'elettronica, che ci pone secondi in Europa solo dietro la Germania.
Nonostante i numerosissimi primati che ancora deteniamo nei vari microsettori merceologici che per spazientire il lettore elenco di seguito:
pelli conciate, tessuti di lana, foulard e cravatte, gioielleria, nell'occhialeria, nel mobilio, nelle pietre ornamentali, nelle piastrelle, nelle cappe aspiranti per cucine, nei frigoriferi e nelle lavastoviglie, nei telai per tessitura, nelle macchine per calzature, nelle macchine per lavorare i cereali, per produrre il vino, per lavorare i minerali non metalliferi e per colare i metalli, nelle giostre e nelle attrezzature da lunapark ( e non sto scherzando), negli yatch, nelle selle e nelle componenti per le biciclette da corsa e in molti prodotti alimentari (pasta, conserve di pomodoro, formaggi ed insaccati tipici,) e nell'agricoltura (uva e pesche sopratutto).
Nel 2004 eravamo (adesso non mi va di andare su google ed aggiornarmi) i secondi esportatori mondiali nelle:
calzature, nei tessuti di lino e seta, nei vestiti (completi), negli apparecchi per riscaldamento, nella rubinetteria e valvolame, nelle macchine agricole per la preparazione del suolo, nelle macchine per le industrie alimentare, per l'imballaggio, per il finissaggio di tessili, per lavorare le materie plastiche e legno, nei laminatoi e nei metalli, nel vino e nell'olio d'oliva.
Nonostante dovevamo fallire già negli anni 70 e non lo abbiamo fatto.
Nonostante ancora nel mondo ci conoscono per la regola delle "4 F" che è diversa da quella appena descritta pocihè include Fashion- Food- Ferrari- Football dove per Footoball si intendeva il calcio negli anni in cui, come ricorda in un'intervista lo stesso Platini, ci si incontrava a New York con Maradona da Armani e si parlava italiano e tutti gli altri calciatori che non avevamo ancora giocato in Italia sbavavamo nel sentirci raccontare la SERIE A e il campionato più bello del mondo.
Nonostante le generazioni più fortunate ( a quanto pare) sono state quelle dei nostri genitori che hanno vissuto le tre fasi positive (60/70/80) e una sola negativa (90) e che prenderanno la pensione magari tra 2 anni ma la prenderanno.
Nonostante voi giovani, voleva continuare la Fornero, dovete pagare per la colpa di una classe politica che in 30 anni è riuscita a dilapidare tutto ciò che ho appena elencato e nonostante abbia dilapidato così tanto siamo ancora un paese tra i 7 più industrializzati al mondo.
Nonostante tutto questo, avrebbe voluto proseguire la Fornero, noi vi aumentiamo l'IVA, la pensione ve la facciamo vedere col telescopio, vi diamo un' altra mazzolata con le tasse così imparate per la prossima volta.
Iniziate già da adesso a rompere i coglioni ai vostri figli così forse eviterete di fare la stessa fine che state facendo voi.
Quindi, in una fottuta parola (che non riesco proprio a dire causa emozione): sacrifici! Ecco, finalmente l'ho detta.
Vi chiediamo SACRIFICI!(massa di somari, adesso andate a lavorare).

p.s. mi ha colpito, scherzi a parte, lo sfogo. E mi preoccupano questi sfoghi "fuori onda" poiché ti danno la percezione (anche se non v'è bisogno di una percezione dato che le difficoltà le tocchi con mano) che siamo veramente ma veramente messi male.
Se quelli piangono...immaginate voi che fine faremo noi se le cose non dovessero sistemarsi...

venerdì 2 dicembre 2011

Primaveraluntina: Presentazione del Gruppo Consiliare “Primavera Alu...


Primaveraluntina: Presentazione del Gruppo Consiliare “Primavera Alu...:
Presidente del consiglio, Signor Segretario, colleghi consiglieri,
ringrazio innanzitutto il presidente per avermi dato l’opportunità di prendere la parola e passo subito ad esprimere, a nome mio e di tutto il gruppo consiliare d’opposizione, il nostro più caro benvenuto nella nostra comunità al neosegretario. Lo faccio per una ragione molto semplice benché, questo benvenuto, in apparenza, sembri scontato e formale.
In realtà però questa accoglienza nasce dall’ oggettiva constatazione di non aver avuto un colloquio con lei prima di questa seduta.
Sia chiaro: non certo per colpa sua, tuttavia ci saremmo aspettati un gesto di fairplay istituzionale da parte dei nostri amministratori, i quali avrebbero dovuto convocarci per un incontro e una breve presentazione.
Peccato, perché avremmo voluto assistere al suo formale insediamento, al suo ingresso nella nostra “casa civica”, avremmo anche noi voluto darLe il benvenuto e riservarLe l’accoglienza e l’ospitalità che siamo soliti usare con chi arriva nel nostro paese.
Avremmo così avuto occasione di mostrarle il nostro stemma, il nostro gonfalone il simbolo che rappresenta la storia e la tradizione del nostro paese e descriverne il significato.
Questo nostro benvenuto ci da l’occasione per esporre le nostre attese e i nostri buon auspici nel suo mandato come funzionario di questo comune.
Ci permettiamo dunque di fornirLe brevemente degli elementi per poter farsi delle opinioni sul rapporto che intercorre tra l’ amministrazione e il nostro gruppo di minoranza.
Da circa sei mesi, cerchiamo di dialogare con la maggioranza attraverso proposte, richieste ufficiali di atti, chiarimenti, e da parte nostra c’è sempre stata la disponibilità ad esercitare un’ opposizione sana e costruttiva e non irresponsabile e pregiudizievole.
Puntualmente però la maggioranza si trincera in un vittimismo infantile, tergiversando quando poniamo questioni serie e mostrando una collaborazione di facciata quando invece avanziamo le nostre proposte.
Questo per dirle che siamo seriamente preoccupati dalla gestione non solo politica ma anche prettamente amministrativa dell’attuale maggioranza.
I motivi della nostra preoccupazione risiedono in alcuni punti che brevemente Le sottoporremo e che spero vengano accolti, valutati ed affrontati insieme.
- Siamo preoccupati riguardo le corrette tempistiche di aggiornamento e accesso agli atti che noi chiediamo. Ci riferiamo principalmente ai ritardi e stasi nel farci pervenire le delibere e la rendicontazione generale delle fatture emesse in occasione delle manifestazioni Aluntine.
- Siamo preoccupati per il continuo comportamento scomposto e fuori da ogni decoro istituzionale da pare di alcuni membri della maggioranza in occasione dei consigli comunali.
Toni e modi che hanno l’ effetto diretto di appesantire ulteriormente il clima impedendone un civile confronto.
- Siamo preoccupati del ruolo poco superpartes ma molto “partes” e dunque fazioso del presidente del consiglio che, nel dirigere le sedute, non svolge le sue funzioni secondo il principio dell’indipendenza e della terzietà. Principi quest’ultimi che invece gli vengono imposte dal ruolo che ricopre sbilanciando così palesemente le sedute consiliari verso le tesi della maggioranza.
Una presidenza a senso unico, in poche parole che mai, a detta dei più esperti se ne aveva avuto testimonianza in anni di onorata storia.
- Siamo preoccupati per la sufficienza e lo scarso impegno istituzionale del nostro Sindaco in occasione delle risposte alle nostre interrogazioni.
Ci riferiamo principalmente al fatto che nonostante le ripetute richieste scritte, il Sindaco dia ripetutamente risposte mutile, approssimative e poco esaurienti.
Siamo preoccupati per le sue numerosissime assenze nel corso del consesso civico, per le sue continue deleghe negli incontri di rappresentanza con tutti gli altri Sindaci del comprensorio. Tutto a norma, per carità, ma che secondo il nostro modesto parere denota uno scarso senso istituzionale e il poco attaccamento alle funzioni di rappresentanza e di “diplomazia” che deve essere esercitata direttamente e senza deleghe verso gli interessi che possono coinvolgere il nostro comune.
A fronte di queste preoccupazioni, quello che noi semplicemente Le chiediamo è più attenzione alle nostre richieste. In particolare chiediamo (ma non dubitiamo che non venga fatto):
- Una Sua azione decisa per riportare gli equilibri del confronto democratico nei consigli comunali, ci appelliamo alla sua indiscussa formazione, preparazione ed esperienza nell’adempiere le funzioni di assistenza amministrativa e contabile sulla nostra eccessiva esposizione debitoria sui mutui e prestiti che il nostro Comune da un lustro contrae e che persegue irresponsabilmente.
- Ci appelliamo alla sua funzione di rappresentanza delle istanze e delle ragioni espresse dalle nostre risorse umane LSU e LPU caratterizzato di professionalità e serietà .
Tutti i dipendenti comunali comprese le cooperative sono delle risorse umane giovani, preparate e flessibili ma poco sfruttate anzi più volte umiliate nelle gestione e nella considerazione a fronte invece di una totale collaborazione, piena disponibilità per esigenze che si manifestano nell’ordinaria amministrazione.
- Chiediamo che sia anche Lei a sostenere e soprattuto ad ascoltare, con apposite riunioni le richieste di queste persone calendarizzando degli incontri periodici con i rappresentanti di queste cooperative.
- Chiediamo ufficialmente di fungere da supervisore nelle dinamiche con le quali vengono gestite i continui spostamenti da una mansione ad un’altra, da un ufficio all’altro, accampando criteri che hanno poco a che vedere con la necessità logistico/ammnistrativa ma per ragioni dettate da infantili logiche elettorali.
Per questi seri motivi la sua funzione rappresenta un più sicuro controllo sia giuridico (di regolarità e legittimità degli atti) che amministrativo (di efficienza, efficacia, buon andamento) nonché di rispondenza tra programmi e risultati, caratteristica dell’impostazione manageriale di ogni buona amministrazione che si rispetti.
Il suo profilo e le funzioni oltre a fornire una sorta di controllo giuridico su tutto ciò che delibera la giunta comunale di cui abbiamo avuto prova essere poco trasparente, costituiscono una vera garanzia anche alla luce di alcune vicende che hanno visto il nostro Comune oggetto di attenzioni e di indagini volte ad appurare il corretto iter seguito nell’ attività contabile.
Il suo ruolo di garante ci rassicura, e ci rassicura sapendo che c’è un interlocutore che possa esercitare la funzione di contropotere rispetto alla volontà spesso manifestata da questa maggioranza di eludere le regole, e di evitare i vincoli.
In conclusione, volevo descriverLe il nostro stemma comunale; la presenza del leone alato che regge tra gli artigli un libro aperto. Quello è il vangelo di San Marco.
Forse è il segno che San Marco d’Alunzio ha bisogno di ciò che diceva uno storico francese ovvero che i politici devono essere forti come dei leoni ma devono stare sotto il trono, perchè se si sentono al di sopra di esso c’è bisogno di un segretario autorevole che li riprenda...!
Benvenuto Signor Segretario a S. Marco d’ Alunzio.

Il gruppo consiliare “ PRIMAVERA ALUNTINA”.

lunedì 29 agosto 2011

Piccoli Pensieri

Bando alla chiacchiere e agire:

- fottitene dei danni: metti mano al portafoglio e ripaghi.
- fottitene di chi è stato e apri gli occhi: il valore di un uomo si misura dai nemici, non (solo) dagli amici. Se questi sono i tuoi nemici, allora sei un grande uomo. Solitamente funziona così.

Il fatto oggettivo è che San Marco sta lentamente e da un paio di anni a questa parte sprofondando in una spirale di microcriminalità che prima toccava i piccoli furti nelle case e nelle campagne e adesso si passa, come un 'escalation, a cose più serie come quelle capitate a te.
Il fatto privato che ti è accaduto e il ruolo pubblico che ricopri ti impone di agire perché oggi è toccato a te e al falegname, ma domani può toccare ad un altro povero aluntino quindi:
-vai in consiglio, convochi il sindaco e richiedi una visita del Prefetto a San Marco d'Alunzio, un pattugliamento costante e monitorato delle forze dell'ordine, più risorse da stanziare per l'uso di telecamere nelle parti più a rischio del paese.
- Calendarizzare degli incontri con le forze dell'ordine per individuare quali sono le zone sensibili e tenersi aggiornati su ciò che accade (come molti sanno, le denunce sono poche ma i piccoli fatti di microcriminalità quali il furto di una gallina sono moltissimi e la gente, per evitare troppa burocrazia, preferisce non denunciare niente e quindi ufficialmente risultano pochi episodi ma il comandante della stazione sicuramente è al corrente della situazione generale e può dare un 'aiuto.
- Di tutti le migliaia di euro dati a questi "Volontari", non si poterebbe costituire un'associazione di aluntini che sporadicamente con torcia in mano e auto al seguito fanno il giro perimetrale di San Marco?
Fatti come questi impongono ancora una volta una riflessione sull'opportunità di rafforzare l'unità della caserma dei carabinieri a San Marco d'Alunzio. Si erano sentite voci diverse: sappiamo come è finita? Il Sindaco, che è anche il responsabile dell'ordine pubblico e per legge un pubblico ufficiale che contrae matrimoni ed emana ordinanze, può darci delucidazioni in merito? E il nuovo esperto anitincendio cosa ci può dire in merito? Ci sono misure che si possono adottare?
- In definitiva, invece di invitare l'assessore regionale alla cultura, non si potrebbe invitare un militare alto in grado per costituire un comitato permanente di osservazione che includa Sindaco, Maresciallo, opposizione e membri della società civile?

per il resto: questa è la lezione da trarre. Va bene gli attestati di solidarietà, di vicinanza e di tutte le belle parole.
La cosa utile è fare, fare, fare e dato che ti conosco solo da 28 anni so che non c'era nemmeno il bisogno di scrivertele queste perché quando domenica ci siamo sentiti avevo già intuito la tua forte reazione in un periodo non certo facile per te per questioni legate alla salute di tuo padre, ma mi è venuto subito in mente il vecchio proverbio arabo: "quel cucciolo è figlio di quel leone".
salutamu

domenica 3 luglio 2011

Le porte girevole tra pm e politica


Apparso su "Il Foglio" del 18 Giugno 2011.

Ingroia si lega a Santoro, De Magistris governa Napoli, Emiliano è sindaco a Bari.
I nomi di chi fa carriera nelle procure, poi va in aspettativa e si dà alla politica, magari proprio dove prima indagava.

E’ difficile dire se il pm Antonio Ingroìa abbia corrisposto alle aspettative dei suoi fan, che l' hanno atteso, ieri sera, a “Tutti in piedi, entra il lavoro", la manife- stazione organizzata a Bologna da Michele Santoro per i 110 anni della Fiom.
Nei tre mesi passati dall' ultimo comizio, al “Costituzione day” di marzo, la fortuna del procuratore aggiunto di Palermo si è capovolta: il suo testimone chiave, Massimo Ciancimino, si è rivelato essere un pataccaro, la procura di Caltanissetta (che da tempo aveva scaricato il figlio di don Vito) ha rotto con quella palermitana e la vicenda è finita sotto esame al Consiglio superiore della magistratura.
La sua aureola di magistrato militante, però, rimane intatta, per Santoro e i suoi fan: “A villa Angeletti - ha detto - Ingroia non parlerà di Berlusconi, ma di qualcosa di più importante”.
L' idea di un nuovo partito intriga molto Santoro: “Se proprio dovessi fondarne uno - aveva spiegato l’ex conduttore di “Annozero” - l' architrave dovrebbe essere un rapporto come quello che vedrete tra Travaglio, me e Antonio Ingroia”.
Ma è possibile ipotizzare una discesa in campo del procuratore aggiunto di Palermo? Dopo il comizio di piazza del Popolo, il pm ha replicato alle polemiche sostenendo di essere intervenuto alla manifestazione soltanto per l'amore verso la costituzione".
Potrà sostenere la stessa cosa dopo la sua adesione al progetto Santoro?
A lngroia servirebbe un colpo di reni neanche troppo energico, per saltare lo steccato.
Il passaggio dalla magistratura alla politica è molto agevole e se ne sono serviti in tanti. Nessuno ha troppa fretta: il neosindaco di Napoli, Luigi De Magistris (Idv),ha aspettato quattro mesi, dopo l' elezione a europarlamentare, per lasciare la toga (s’ era anche lamentato: “I tempi delle mie dimissioni non me li farò dettare da nessuno, se non dalla mia coscienza”).
Il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, è in aspettativa dagli anni Ottanta, quando è entrata nelle file del Pci siciliano. Nel febbraio del 2010, il Csm ha concesso l' aspettativa anche al pm barese Lorenzo Nicastro, ora assessore dell' Idv nella giunta Vendola, pur sottolineando “l' inopportunità” di candidarsi proprio nel territorio in cui aveva appena condotto le indagini sul ministro Raffaele Fitto (Pdl).
Il pm pugliese Alberto Maritati (Pd), che nel ’97 ha assolto il capo sociaiista Rino Formica dopo anni di arresti domiciliari, è in Parlamento dal 1999- è stato sottosegretario del governo guidato da Massimo D’Alema, al centro di un processo che il pm aveva archiviato qualche anno prima. In Puglia il fenomeno è diffuso: c’è anche il caso del pm Michele Emiliano, quello che ha archiviato l' indagine sulla gestione degli aiuti umanitari al Kosovo sotto il governo D’Alema e che ora è in aspettativa dalla magistratura, per fare il sindaco di Bari.
Emiliano dice di non aver lasciato la toga “perché non sono esattamente uno con la carriera politica assicurata”.E allora tanto vale entrare in politica con un piede soltanto, lasciando trasparire l' eventualità che i conti in sospeso potrebbero essere saldati direttamente in tribunale, una volta esaurita la parentesi politica - uno schema collaudato nei primi anni Novanta dal giudice spagnolo Baltasar Garzón.
La tendenza, si noti, è bipartisan -il caso del pm napoletano Alfonso Papa (Pdl) sta li a testimoniarlo. Non contenti dei risultati, alcuni esponenti politici hanno pensato bene di risolvere situazioni di crisi chiamando rinforzi dalla magistratura, in barba al comandamento di Sir Francia Bacon, che voleva i giudici come leoni, “ma sotto il trono”.
Il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, ha chiesto una legge “per impedire che i magistrati assumano incarichi amministrativi”. Persino l’ex pm di Mani pulite Gherardo Colombo, quello che “la Bicamerale è figlia della società del ricatto”, ha detto che tra l' esercizio delle funzioni giudiziarie e la carriera politica “dovrebbe passare una quantità di tempo di una certa consistenza” e che “il pm non deve più poter tornare indietro”.
E invece il pm Giuseppe Narducci è assessore alla Sicurezza a Napoli, il comune in cui indagava fino asettimana scorsa.
Il pm napoletano lavorerà nella giunta che ha sconfitto, alle ultime amministrative, il partito coordinato da Nicola Cosentino, l' ex deputato Pdl che Narducci ha indagato e portato in aula, con l' accusa di collusioni con la camorra.

mercoledì 25 maggio 2011

Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così...



Cerco di declinare in termini aluntini il famoso discorso di Pericle agli ateniesi...

Noi a San Marco pensiamo che la politica sia una sfida e non un problema, una bella realtà e non un concorso di popolarità, un servizio e non un trampolino di lancio per far carriera.
E pensiamo che il ricambio generazionale non sia un tema da sbandierare una volta ogni cinque anni, ma ogni giorno per cinque anni, sempre. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco pensiamo che i nonni aluntini siano una ricchezza, spesso fondamentali sotto il profilo economico e logistico per la vita delle famiglie. Noi crediamo che sia un diritto garantire un'assistenza domiciliare invece di tagliare loro i servizi per organizzare notti bianche. E crediamo che l'avversario si combatte con le idee non con le ossessioni.
Noi vogliamo vivere a viso aperto piuttosto che asserragliati nell'anonimato. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco pensiamo che i musei e le biblioteche debbano essere arricchite, valorizzate, aperte anche fino a mezzanotte per offrire un' alternativa al turista gratificando e valorizzando il personale che ci lavora. Pensiamo che sia educativo e utile indurre i giovani a crearsi una scuola di canto, recitazione, di aprire una radio locale, una "casa della cultura" per promuovere confronti, condivisioni, scambio di idee. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco pensiamo che la generosità e la solidarietà cattolica aluntina educhi la nostra sensibilità a ciò che è bello, al vero volontariato, quello verso i deboli non quello verso gli amici. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco pensiamo che una caserma dei Carabinieri costituisca un presidio di ordine, sicurezza ed autorità e che la sua permanenza nel nostro territorio deve essere supportata sempre e comunque non solo per visibilità ed opportunismo politico. E vogliamo che ogni cittadino pretenda più verde e più decoro urbano, pensiamo di creare un bando per gli artisti delle scuole e delle univeristà d'arte per rendere ancora più interessante ed accogliente il nostro paese. Noi pensiamo ad una rete idrica efficiente, un piano regolatore che sfrutti e valorizzi gli spazi vuoti inutilizzati. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco crediamo che innalzare l'addizionale IRPEF comunale per garantire sagre del pane cunzatu e calate di maccarruna voglia dire essere irresponsabili. Noi crediamo che bisogna mettersi a servizio del paese piuttosto che mettere un paese a proprio servizio. Pensiamo che nascondere i debiti del comune non sia un servizio per tutti ma un furbata per pochi. Noi a San Marco crediamo davvero nel merito e nella meritocrazia, e pensiamo che sia doveroso promuovere e far crescere professionalmente persone sulla base delle loro capacità e competenze a prescindere dall'appartenenza ad una famiglia. Noi a San Marco d' Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco pensiamo che la trasparenza e la pubblicità dell'atto sia un diritto di ogni cittadinno affinché abbia tutti gli strumenti per informarsi su come il sindaco spende i soldi dei cittadini. Pensiamo che ogni cittadino abbia diritto di partecipare alle sedute del consiglio comunale anche da casa o dal posto di lavoro attraverso una web cam che trasmetta le sedute consiliari. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco crediamo che gli uffici competenti possano scrivere in modo chiaro un punto della situazione (anche via email a chi ne farà richiesta) sullo stato di avanzamento di tutti i cantieri e dei lavori pubblici. Crediamo che ogni quartiere debba essere rappresentato ed attenzionato affinchè ogni residente possa dire la propria segnalando i piccoli interventi da fare ottenendo una risposta entro 48 ore dall'amministrazione, perchè l'ascolto è più importante della facile retorica. Noi a San Marco d' Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco, consapevoli della crisi educativa che la società generale sta vivendo, pensiamo che la scuola vada sostenuta e incoraggiata, non dimenticata e strumentalizzata per scopi propagandistici. Per tutto il primo anno di mandato si cercherà di essere più vicini alle nostre scuole, visitandole, per dialogare e affrontare i problemi più da vicino.
Crediamo che isegnare ai nostri figli ad utilizzare il computer e facebook sia un bene ma pensiamo che insegnare ai nostri ragazzi la storia dei personaggi storici che danno il loro nome alle strade del nostro paese sia indispensabile affinchè si rafforzi un' identità aluntina. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco crediamo che ci voglia consapevolezza ed orgoglio nel vantarsi di aver portato la nostra "aluntinità" fuori, nell'ingegneria nucleare, nelle aziende prestigiose, nelle organizzazioni internazionali, a creare valore nelle univeristà, all'estero, a creare aziende al nord, a lavorare dignitosamente per poter un giorno sfruttare le competenze nel proprio paese.
Noi crediamo che il nostro Paese debba essere più centrale e influente nel comprensorio per riacquistare quella forza e quella specificità di poterci definire fieramente aluntini e non sammarcoti. Di poter orgogliosamente declinare i verbi in dialetto con l'accento sulla "e" finale. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco vogliamo vincere, altro che partecipare. Crediamo che non ci sia futuro senza passato e siamo grati alle persone che fino ad oggi hanno servito ed onorato il nostro paese, ma siamo consapevoli che adesso tocca a noi. Forse sbaglieremo anche noi, ma perlomeno sbaglieremo in modo diverso.
Noi potremmo fallire per incapacità, ma non per soddisfazioni personali. Noi a San Marco d'Alunzio facciamo così.

Noi a San Marco crediamo che sia giunto il tempo del coraggio, il coraggio del leader che si mette a disposizione del gruppo e non il gruppo che si mette a disposizione del leader. Solo così si rischia, si osa e si vince. Saremo accusati di arrivismo. Ma meglio essere accusati di arrivismo oggi che processati per mancanza di affermare la propria identità domani.

sabato 7 maggio 2011

I Programmi delle Liste


La cosa che di più mi ha colpito in questa prima parte di campagna elettorale è che confrontando i programmi, quello della lista "Primavera Aluntina" è il più credibile e il più attuabile.
Certo non siamo così ingenui nel pensare che gli altri programmi non siano belli o entusiasmanti, ma la differenza sta proprio lì.
Di solito i programmi elettorali sono una ricetta bellissima dove ognuno ci mette il bello ed impossibile.
Se guardassimo al programma elettorale delle altre liste, vi accorgeremmo che è una Disneyland, un mondo surreale a cui ovviamente non bisogna credere.
Probabilmente l´hanno scritto nell´ipotesi di non governare, pensando di perdere.
Il nostro programma invece non ha presentato una società migliore ma si è prefissato di migliorare la società che c'è: questo è importantissimo.
Arcodia molto probabilmente pensa di gestire il futuro come la prosecuzione possibile di un felice passato: dato che abbiamo fatto bene (lui pensa) continueremo a fare bene: molto superficiale ma diretto.
Per Celestino è l' opposto: non ci deve essere la continuazione ma la rottura, imposta dalla realtà.
Le promesse possono essere garantite solo dai doveri, e i doveri possono essere garantiti solo dalla responsabilità che parte dalla singola persona e dal suo impegno, valorizzando il lavoro di tutti, dagli artigiani ai commercianti, dagli impiegati agli allevatori, dagli agricoltori ai circoli culturali.
Nelle continue riunioni elettorali Celestino non si stanca di ripetere "mon mi lasciate solo, ho più bisogno di voi dopo che ora".
Ecco che emerge e ritroviamo la differenza che dicevo prima: le persone vengono prima dei leader e questa nostra idea lascia prefigurare una concezione collegiale, collettiva del potere da parte del nostro sindaco designato.
Noi che abbiamo creato questa coalizione lo abbiamo fatto poiché abbiamo avuto la netta sensazione che rispetto agli altri due leader Celestino ha saputo ascoltarci. Questo non deve essere scontato perché per tanto, troppo tempo si è dato importanza alla capacità di parlare piuttosto alla capacità di ascoltare.
La vera differenza è stata che mentre per Celestino le critiche erano uno spunto di riflessione da accettare con lealtà e rispetto istituzionale, nell'attuale maggioranza erano viste come lesa maestà, alto tradimento ed attentato alla Costituzione (sic!).

In tutti questi anni noi abbiamo tessuto una rete di relazioni, elaborato report da presentare davanti al gruppo in riunione periodiche e costanti, post sul blog, abbiamo fatto battaglie sulle idee, discussioni sulla meritocrazia, corrispondenze con riviste locali.
Forse avevamo lanciato un imlicito messagio ad Arcodia, molti lo potevano leggere anche così, in realtà l'arroganza del potere ha prevalso ed invece di intavolare una discussione a 360° con le nostre istanze e con le nostre idee si è preferito andare oltre e cercare lo scontro frontale.
Noi dunque abbiamo scelto un interlocutore che subito ci ha messo a nostro agio, siamo noi ad aver puntato molto sui giovani, che è però una cosa diversa dagli altri schieramenti, dove i giovani stanno semplicemente sul palco ad applaudire mentre i leaders fanno i loro comizi.
Arcodia e Filippo per loro stessa natura sono dei leader e sulla base della loro persona hanno costruito la loro leadership, creato un gruppo e poi la lista.
Nel caso di Filippo è lampante che siamo in presenza di una lista organizzata per rilanciare e mettere in risalto la sua persona, la sua storia personale, la sua crescente centralità nella società aluntina.
Mentre dunque nella lista di Arcodia e Filippo vengono prima i leader e poi le persone, nella nostra lista è al contrario: prima le persone e dalle persone il leader.
Ovvio che stiamo parlando di tre importanti personalità: Arcodia e Miracula sono persone serie, oneste, i quali, sopratutto nel caso di Arcodia, insieme ad altri hanno scritto la storia politica di Aluntium.
Che dire, che vinca il migliore ma che vinca sulla base della scommessa politica, su ciò che rappresenta, su ciò che ha intenzione di fare, non sui programmi che per una questione elettorale vengono gonfiati a ridosso delle elezioni.
Fosse così gli elettori dovrebbero premiare la lista Primavera Aluntina, la quale offre non un libro dei sogni, non cose impossibili ma parte dalla base naturale dei bisogni e delle necessità di un Paese e dei suoi cittadini.

Il suddetto commento è frutto di opinioni esclusivamente personali che non sono state concordate col comitato elettorale del gruppo "Primavera Aluntina", verso il quale, come tutti sapete, non nascondo la mia totale adesione e il mio incondizionato appoggio.

lunedì 25 aprile 2011

Massimo Riserbo!


Massimo Ciancimino è accusato di truffa e calunnia pluriaggravata nei confronti di Gianni De Gennaro, il superpoliziotto attuale capo del DIS (servizio segreto civile italiano).
Ciancimino avrebbe falsificato il pizzino nel quale avrebbe dovuto esserci la prova definitiva che De Gennaro favoriva la mafia (dopo un'accurata perizia calligrafica disposta dalla stessa Procura e gli accertamenti della polizia scientifica hanno consentito di individuare la falsificazione).
Ciancimino è stato arrestato mentre tutto beato e felice andava con la sua scorta a Saint Tropez a farsi le vacanze di Pasqua.
Francesco Caruso, Questore di Palermo, aveva a suo tempo espresso dubbi sull'opportunità di assegnare la scorta a Ciancimino date le pesanti ombre sulla sua attendibilità (fu sorpreso al telefono in un intercettazione con un affiliato di una cosca calabrese mentre diceva cose del tipo “Io ormai sono come Mastrota, fra un po’ vado in tv a vendere le pentole… Faccio tutto! Le cose vanno stra-bene, comunque va bene… quando tu senti cose mie in televisione, tu fottitene!)”.
Cose insomma che i procuratori speravano non dicesse, ma le ha dette e per questo la sua credibilità è iniziata a scricchiolare.
Nonostante tutto, il Dipartimento che si occupa delle asegnazioni delle scorte (UCIS), ha stabilito la necessità e ha confermato la scorta.
Ciamcimino Jr ormai era diventato una star per le cose che diceva contro tutti, da Berlusconi a Dell'Utri fino a De Gennaro.
Si capisce perchè Cincimino è diventato, nel giro di pochi anni, una star, anzi una guest star, negli studi e nelle trasmissioni televisive in qualità di ospite incredibilmente ascoltato come un oracolo da Santoro e ovviamente da Marco Travaglio.
La cosa con la quale si può ridere e scherzare è che l'arduo compito di arrestare Massimo Ciancimino è toccato proprio ad Antonio Ingroia.
Conoscete Antonio Ingroia? Non vi annoierò descrivendo la sua storia, si tratta comunque di un magistrato molto influente e molto bravo.
Oltre ad essere un allievo di Falcone e Borsellino ha ereditato un difficle compito, quello di prendere in carico uno degli uffici giudiziari più scottanti e difficili d'Italia.
Antonio Ingroia, immortalato (io però non sono riuscito a vederlo) dietro al capitano Zanetti mentre alza la Champions League al cielo nella notte di Madrid, svolge ed assolve il suo ruolo con buoni risultati, peccato però che parla troppo, va nelle adunate e incita la folla e le piazze facendo comizi contro la riforma della giustizia e contro Berlusconi ovviamente e per questo si è beccato un bel due-giorni di Radio Londra di Ferrara che lo sculacciò perbenino.
Dicevamo che Ingoria ha dovuto arrestare Ciancimino ma ironia della sorte, un anno prima, fu lo stesso Ingroia che scrisse la prefazione dell'ultima fatica letteraria intitolato "Quarto Livello" dove diede il suo contributo alla diffusione del libro del pentito.
Nel capitolo “Padri e figli” del suo libro “Nel labirinto degli dei” (Feltrinelli, 2010), Ingroia raccontava: “Dal primo incontro ho capito che Ciancimino jr era fatto di tutt’altra pasta. Tanto il padre era ombroso, tanto il figlio Massimo è gioviale. Non ho mai visto il padre abbandonare l’espressione adirata”.
"Massimo Ciancimino è “molto ‘americano’, uomo dei media e per i media, nel bene e nel male e per una metamorfosi mediatica, oggi il figlio di Ciancimino è arrivato a diventare quasi un’icona dell’antimafia”.
Hai capito l'Ingoria?
Adesso che l'idolo è caduto perchè abbattutto dallo stesso magistrato che lo aveva portato sugli altari le cose diventano imbarazzanti.
Imbarazzante innanzitutto per Santoro che da anni lo invita nel suo studio e permette di dire frasi mezze fatte, allusioni, semi rivelazioni.
Ovviamente il tutto mirato a "mascariare" chi? Indovina indovinello? Berlusconi, Dell'Utri, Mario Mori, Nicola Mancino, Saverio Romano e Gianni De Gennaro.
Adesso però Massimino è considerato un "cacciaballe". Sì', proprio così, quel cacciaballe che fino ad una settimana fa veniva invitato dai giornalisti organici alla procura a presenziare al festival del giornalismo di Perugia.
Quel cacciaballe al quale scrivevano le prefazioni dei libri e adesso si ritrovano ad essere imbarazzati; ma saranno abbastanza imbarazzati?

domenica 27 marzo 2011

Onore al Popolo...




E' incredibile la straordinaria compostezza, l'ormai caratteristico selfcontrol che caratterizza i giapponesi sfortunatamente alle prese con queste disgrazie.
Pochi istanti dopo l'allarme i bambini che stavano per prepararsi all'uscita di scuola, hanno preso lo zaino e il caschetto di emergenza e sono scesi ordinatamente in strada.
Sì perchè alle pareti di ogni scuola c'è un appendiabiti con un kit di sopravvivenza, una torcia, un casco.
Nelle case è vietato attaccare i quadri con chiodi alle pareti, all'interno del vetro delle finestre un reticolato impedisce la caduta di schegge, e si consiglia di tenere sempre un paio di scarpe sotto il letto, in caso di fuga improvvisa.
La scossa ha liberato un'energia che è stata 30 mila volte (30.000 sic!) maggiore a quella scatenata a L'Aquila nel 2009.
Pur sottoposti a grandi oscillazioni i grandi grattacieli di Tokyo hanno retto. Alberto Zaccheroni, il ct italiano della nazionale di calcio giapponese, è rimasto esterrefatto:"ci hanno portato in un grande parco all'aperto e ad un certo punto ho visto che l' asfalto si muoveva"!.
Il professore Alessandro Martelli, professore di Costruzioni in zona sismica all'università di Ferrara ha dichiarato:"un terremoto di magnitudo 7,5 ben inferiore a quello giapponese (già violentissimo), farebbe tra le 15 mila e le 32 mila vittime in Calabria, appena 400 vittime a Tokyo. Lì le case restano in piedi e ovviamente non si tratta di un miracolo".
La materia anche se macabra mi appassiona e così vengo a sapere che dal punto di vista normativo ed ingegneristico il Giappone è davvero all'avanguardia.
Si utilizzano le strutture con getti di cemento armato che permette l'elasticità e la torsione adeguandosi al movimento tellurico.
Questa tecnologia edile ha resistito e allo stato attuale sono a prova di terremoto 3 edifici giapponesi su 4 e l'obiettivo è arrivare al 90% nel 2015.
E' un obbligo per gli edifici pubblici ma anche i privati si stanno gradualmente attrezzando, consapevoli che la terra dove vivono è soggetta al 20% delle scosse che vengono registrate in tutto il mondo e che secondo le statistiche accade una catastrofe ogni 70 anni. Roba da far tremare i polsi.
Quasi tutti gli edifici di nuova costruzione sono obbligatoriamente dotati di speciali cuscinetti antisismici posti alla base degli edifici.
Vengono adottati acciai più elastici di quelli normali e i pilastri sono annegati ed avvolti da speciali tubi in fibra di carbonio, che li rendono più resistenti alle fratture.
Ci sono strutture costruite in legno con strutture portanti in acciaio e carbonio. E' montato sopra "slitte" dotate di pantografi e dissipatori a pistone che permettono alla casa di muoversi smorzando l'onda d'urto del terremoto (fonte il Foglio)
Altri accorgimenti fondamentali sono le porte e le finestre costruite ad architrave mobile per consentire comunque di aprire la porta, a botole apribili sui balconi per scendere di piano, all'uso di materiali antifiamma per evitare incendi.
Tutto questo ha però un costo aggiuntivo del 5 e 10% che può salire ancora di più.
(Roberto Giovannini, intervista a "La Stampa").

GLI IMPIANTI NUCLEARI

Stanno suscitando ansie, angosce e preoccupazione la sorte delle centrali nucleari presenti in Giappone.
Tutti sono d'ccordo nel ritenere che le centrali nucleari sono costruite secondo i più avanzati criteri di sicurezza, al punto che è stato calcolato che circa un terzo del costo di una centrale va a coprire i sistemi di sicurezza.
Il problema della centrale di Fukushima, la centrale che sta facendo tenere col fiato sospeso un mondo intero per le fughe radiottive, è che non ha funzionato il meccanismo d'emergenza a diesel.
Ogni centrale deve avere due motori diesel pronti ad entrare in funzione ogni volta che la corrente elettrica salta per consentire lo spegnimento di emergenza dell'impianto.
Nel giorno del terremoto questi due motori non sono partiti e la radiottività è iniziata a salire.
Il Giappone, nonostante si trovi in una posizione geografica al altissimo rischio sismico, ha deciso ugualmente di investire nell'energia nucleare civile con 55 reattori in funzione e 11 in costruzione. Allo stato attuale il 30% dell'elettricità giapponese viene ricavata dall'energia nucleare.
Il governo ha posto l'obiettivo del 50% entro il 2030.

SI PUO' MANTENERE IL COSTO DELLA SICUREZZA DI UNA CENTRALE NUCLEARE?

IN passato, il reattore di un'altra città, quella di Niigata, fu colpito da un violento terremoto. Era una centrale progettata per resistere ad un terremoto di 6 gradi. Il terremoto fu di 6,8 gradi. Per elevare lo standard a 6,8, quindi migliorare l'apparato di sicurezza di 0,8 gradi, i giapponesi hanno speso 2,6 miliardi di euro. Cifra che serve a costruire un nuovo reattore.
Se Fukushima è stato progettato per reggere ad un terremoto di 7 gradi, quello dell'11 marzo è stato 1000 volte più potente (la scala Richter è logoritma).
Quanti soldi ci vorrano e dunque quanto costa elevare lo standard di sicurezza?
A voi, a noi cioè, i conti..proprio adesso che dovremmo decidere se puntare ancora sul nucleare e sulle sicurezza delle centrali. Bel casino.

A me ha colpito anche la frase del presidente dell'Istituto italiano di vulcanologia e geologia Enzo Boschi, che forse pone fine alle polemiche anche in Italia sulla presunta prevedibilità di questi fenomeni. "Dopo 40 anni di studi, siamo in grado di sapere dove avverranno i terremoti, quanto saranno grandi, quale sarà la loro forza massima, ma non sappiamo dire quando si verificherà un terremoto...Abbiamo un'azione tempestiva massima di 10 secondi..è il massimo che può offrire una scienza giovane come questa".

Lo Shopping commerciale dei francesi in Italia


Quando abbiamo letto che la Lactalis, la multinazionale francese dei formaggi (126 stabilimenti, 38 mila dipendenti, 10 miliardi di fatturato) ha comprato il quasi 30% delle azioni Parmalat esprimendo l'intenzione di acquistare tramite un OPA l'intera società, gli italiani che hanno a cuore la nostra economia si sono un po' irritati.
Subito abbiamo sperato nell'unico player italiano che potrebbe salvare la Parmalat dalle mani dei cugini francesi, la Ferrero, dato che l'altro potenziale amico, la Granarolo, ha esplicitamente ammesso che non ha la forza per mettersi in mezzo.
Voi direte, ma perchè questa preoccupazione? In fondo siamo all'interno dell'UE, all'interno di uno dei pilastri sul quale si è costruita la nostra Europa, il pilastro del mercato comune, della libera concorrenza, del libero mercato ecc...ecc...
Sì, avete ragione ma gli scettici non hanno torto a pensare che i cugini francesi fanno agli altri ciò che non vogliono che venga fatto a loro, ovvero vedere acquistare loro aziende da parte di stranieri, ed ecco che a quel punto iniziano a modificare le leggi, a fare ciò che in linguaggio economico/diplomatico si chiama protezionismo commerciale.
Il governo Italiano lo ha capito e sta andando subito ai ripari varando un provvedimento che disciplina le regole e il settore delle nostre aziende nel momento nel quale queste vengono prese di mira da aziende estere.
Gli italiani di buonsenso non dovrebbero essere pregiudizialmente contrari alla proprietà straniera delle nostre aziende perchè questo può favorire investimenti esteri, flusso di capitali, possiblità manageriali diverse e forse più efficaci.
Agli italiani di buonsenso non dovrebbe interessare quale bandiera sventoli sui tetti dell'azienda, l'importante che favorisca l' occupazione e la crescita della nazione.
Tuttavia quando sento che alcune aziende italiane, volendo comprare aziende estere, in questo caso francesi, sono state ostacolate dal governo che si organizza per approvare norme diverse da quelle che il libero mercato favorisce, ecco che la cosa inizia ad irritare anche gli italiani di buonsenso.
Per capirci meglio diamo alcune esempi:
Nel gennaio 2006 vi è stato un braccio di ferro tra Italia e Francia sulla questione della conquista della “Compagnie de Suez”, storica azienda di servizi energetici europea nata nell'Ottocento, il cui nome deriva da una delle sue prime e più importanti attività: la realizzazione del canale di Suez.
All'acquisto del colosso del gas e dell'elettricità francese è infatti interessata Enel,la nostra italianissima ENEL, tanto da aver proposto il lancio di un'Opa, un'offerta pubblica di acquisto, per rastrellare sul mercato quote sufficienti per averne il controllo.
Una operazione impegnativa per l'azienda elettrica italiana, che per acquistarla avrebbe dovuto mettere sul piatto 50 milioni di euro e che, pur di mandarla in porto, si sono offerte a partecipare per garantire la copertura finanziaria tutte le principali banche italiane.
La proposta però è stata congelata ancor prima di essere formulata ufficialmente: e la causa è stata il proclama del primo ministro Francese Dominique de Villepin, che ha dato ufficialmente la "benedizione" del governo alla annunciata fusione tra Suez e Gaz de France.
Un'operazione decisa proprio per impedire l'ingresso di Enel nel capitale sociale di Suez.
Un matrimonio nel più perfetto stile nazionalistico, alla "moglie e buoi dei paesi tuoi", molto poco in linea invece con le tendenze della UE sui settori chiave della produzione continentale come l'energia.
Quindi onde evitare che questi cattivi italiani dell'ENEL acquistassero una delle loro aziende, l'allora premier obbligò due industrie tutte e due francesi a fondersi per essere più forti divenendo impossibile per chiunque entrare.
Vi è un altro esempio di protezionismo "alla francese", in questo caso non nei nostri confronti.
Lo stesso De Villepin blindò la francese Danone all'avanzata di Pepsi, la multinazionale del drink&beverage.

PICCOLI SCREZI TRA ITALOFRANCESI

Secondo alcuni autorevoli analisti del settore, questa guerra commerciale in realtà sta provocando parecchi colpi bassi e ripicche tra i rispettivi paesi.
L'esempio lampante può essere il secco no a Carlo Magrassi ad essere nominato alla guida dell'EDA, l'agenzia europea degli armamenti.
A questo è seguito lo stop imposto dal governo francese all'acquisto di 1,8 miliardi di commesse al gruppo italiano IVECO per gli autocarri militari tattici.
Ancora i francesi hanno bloccato la partnership italiana al progetto VEGA che è un lanciatore per shuttle spaziale, oltre il congelamento ad una alleanza nel campo dei siluri (militare), che si aggiunge alla storica rivalità nel campo degli elicotteri con la nostra Agusta Westland e il gruppo francotedesco Eurocopter.

ALTRI OBIETTIVI FRANCESI

Da premettere che i francesi della Lactalis avevamo già conquistato negli ultimi anni la Galbani, Invernizzi e Cademartori accentuando la loro presenza nel settore dell'agroaliemntare italiano.
Non si parla solo del settore agroalimentare dunque, ma anche finanziario, energetico e della settore più delicato della difesa.
Nella finanza ormai è chiaro che tramite il francese Bollorè che è vicepresidente di Generali Assicurazioni nonchè storico azionista di Mediobanca, i francesi stanno puntando al controllo dell'impero traballante di Salvatore Ligresti e qui la nostra Consob ha imposto un 'OPA su Fondiaria Sai, il gioiello di famiglia di Ligresti appunto.
Ovvio non dimenticarsi che BNP Paribas, il gruppo bancario francese, ha acquistato la nostra BNL e Air France non aspetta altro che la fine di Alitalia per entrare anche lì.
Da diversi mesi invece è la notizia che il gigante francese del lusso Lvmh ha comprato la nostra Bulgari dopo aver lanciato un OPA con l'accordo che la storica famiglia romana del lusso entri nel capitale del colosso francese con il 3%.
Quindi ricapitolando: i francesi aggrediscono nel settore agroalimentare, banche, aerei, in quello energetico, del lusso, delle assicurazioni e finanza.

COME SI MUOVE IL NOSTRO GOVERNO

Il ministro Tremonti ha già varato il proprio piano.
In pratica si trata di difenderci dall'assalto facendo come i francesi, intervenendo prima sul settore dell'energia affinché si bloccasse l'accordo che avrebbe consegnato la nostra Edison (terza azienda dopo ENI e ENEL) ai francesi di EDF (Electricitè de France).
Ovviamente deve essere un piano di difesa che non venga impugnato dall'Unione europea perchè l'UE potrebbe accusarci di concorrenza sleale e dunque illecita.
Gli esperti italiani di diritto comunitario e concorrenziale hanno parlato della possibilità di dotarsi di una legge simile a quella in vigore e approvata in Francia e in Canada.
La legge dovrebbe imporre che qualora ci fosse un interessamento da parte di aziende estere in determinati settori delicati e strategici a livello nazionale, settori cioè legati alla sicurezza (difesa, energia per esempio), l'acquisto da parte di questi gruppi esteri deve essere autorizzato dal governo.
Certo, i liberisti e i fautori del libero mercato non la prenderanno bene perchè è ovvio che questo principio va a cozzare contro una dottrina della libera concorrenza che ha come prima filosofia l'assenza di interventi dello stato nell'economia ,ma tant'è.

ESEMPIO AMERICANO

Basta andare nel tempio sacro del liberismo quale quello americano appunto e ci si accorge che lì esiste una commissione ad hoc, la Committee for foreign Investment in the United States (Cfius) che valuta la compatibilità dell'intervento con gli interessi e la sicurezza nazionale.
In pratica in Italia si sta studiando la possibilità di creare questa commissione per evitare che soggetti stranieri controllino i nostri punti strategici quali la banda larga, e la rete energetica data appunto la loro rilevanza strategica.
I critici potranno comunque affermare che si tratta pur sempre di norme che di fatto limitano la libertà di impresa, norme scorrette con l'effetto di scoraggiare gli investimenti esteri nel nostro territorio che tanto la nostra già debole economia abbisogna.

GIUSTIFICAZIONE DI UNA LEGGE

Qualora questa legge andasse in porto gli italiani di buonsesno si chiedono perchè non debba valere per noi ciò che è consentito ad altri.
Si tratta di creare questa legge e la applichiamo a stranieri che nel loro paese ne hanno una identica.
Applichiamola alle aziende francesi dato che in Francia hanno una legge simile e magari non lo si fa con altri paesi dove questa legge non c'è.
Forse gli italiani critici hanno troppo sbuonsensoil principio sta bene così perchè altrimenti noi italiani faremmo sempre la figura del popolo accomodante che non si fa rispettare abbastanza nel panorama internazionale mentre i nostri competitor fanno shopping da noi comprando i nostri gioielli di famiglia mentre noi rimaniamo a guardare. Con buonsenso (?).
Pensiamo un pò se la nostra ENI o ENEL fosse in mano ai francesi e da un giorno all'altro, causa crisi mediorientale, guerre, dittatori e sistemi politici instabili, ci si vengono ridotti gli approvvigionamenti energetici. Pensiamo che Sarkozy, proprietario di ENI, faccia valere i nostri interessi o quelli del suo paese, la Francia, negoziando questioni vantaggiose solo per lui e il suo paese? Ci son settori, quali la difesa, le telecomunicazioni (in un mondo di spie, di wikileakers, intercettatori privati) acquista sempre un ruolo strategico per il paese, devono rimanere italiane.
Con buona pace degli italiani del non buonsenso.

sabato 12 marzo 2011

DA BIN LADEN A FACEBOOK



di Stefano Gatto

Era già successo nel 1989, quando la comunità internazionale e gli analisti erano stati unanimi nel non vedere assolutamente nulla di cosa stesse per succedere nel blocco comunista, sin lì considerato solidissimo. Invece, quello che non era altro che un ordine di polizia mal interpretato, quello di aprire temporaneamente il muro, si rivelò un cataclisma per un sistema evidentemente assai più fragile di quanto non si pensasse.
Anche le rivoluzioni in corso nei paesi arabi non erano state assolutamente previste, anzi chi le avesse ipotizzate anche solo qualche settimana fa o chi si ostinava a pensare che la democrazia potesse essere la soluzione anche nel mondo mussulmano veniva di solito deriso.
Una potente combinazione di 1) wikileaks, 2) facebook / twitter, 3) frustrazione dei giovani delusi sia dai loro regimi sia dall’alternativa islamica, e 4) una congiuntura economica difficile, che ha messo ancora in maggiore evidenza l’ipocrisia e inefficienza di tali regimi, ha portato in pochi giorni a cambiamenti politici per i quali si pensava sarebbero stati necessari decenni, non giorni.
Non a caso, i primi regimi a cadere sono stati quelli che sembravano più solidi (Tunisia, Egitto), tanto da divenire riferimento per la loro stabilità: proprio quei regimi che avevano usato tale superficiale stabilità come scusa per non realizzare quelle aperture politiche, anche parziali, che inevitabilmente portano ventate d’aria fresca.
Ben Ali e Mubarak hanno sempre avuto ragione, anche nel non portare avanti riforme politiche vere, perché quando intraprendi quel cammino sai dove ti porta: alla democrazia, incompatibile con i loro regimi personalisti. Loro lo sapevano, e quindi le timide riforme di facciata, fatte solo per compiacere superficialmente la comunità internazionale (seggi garantiti all’opposizione non islamista in Tunisia, tolleranza di un certo numero di candidature esterne legate ai Fratelli Mussulmani in Egitto) o sono state ritirate (boicottaggio di tutte le opposizioni alle ultime legislative egiziane) o sono servite per cooptare le opposizioni meno pericolose anestetizzandole nel sistema di potere (Tunisia).
Dal canto suo, la comunità internazionale si è sempre guardata dall’esigere una presenza significativa di missioni serie d’osservazione elettorale, capaci d’analizzare a fondo la validità del processo, o esigere passi avanti più decisi verso una democrazia reale, sempre negata in nome del principio di non ingerenza legato al timore di possibili successi di partiti islamici.
Ma lo scollamento tra popolazione e regimi si è allargato sempre più, come dimostrato dai bassissimi tassi di partecipazione alle elezioni vigenti in tutta la regione nordafricana (i cittadini non credevano a elezioni di quel tipo).
Finalmente, la coincidenza di quattro fattori ha permesso che l’immobilità divenisse movimento impetuoso.
Wikileaks: si è spesso ironizzato sul poco che Wikileaks avrebbe rivelato. Vero se ci si basa solo sui primi rapporti pubblicati dalla stampa. Mano a mano che le pubblicazioni si sono susseguite, è venuto fuori invece che la corruzione ed il malgoverno dei regimi in questione era ben noti a tutti, compresa la comunità internazionale. Non era solo vox populi: si sapeva e non si è fatto granché per modificare questa situazione. Wikileaks ha avuto quindi un effetto di trasparenza, di fine dell’ipocrisia.
Le reti sociali: si è spesso accusata l’opinione pubblica araba di eccessiva timidezza, pavore, passività. È stato vero per molto tempo, ma le reti sociali hanno cambiato questa realtà. Permettendo di ovviare all’onnipresente presenza degli apparati repressivi dei regimi.
Era già successo in Iran con la rivoluzione verde, soppressa perché venuta troppo presto e forse nel posto sbagliato, ma di cui si è saputo via Twitter a fronte del muro di silenzio dei media iraniani.
Facebook e Twitter, lungi dall’essere lo strumento superficiale di cui spesso si straparla, costituiscono la nuova ossatura del consenso politico, grazie allo straordinario potenziale in capacità di mobilitazione che ha in sé. Le reti sociali hanno fatto l’impossibile, quello che partiti, sindacati, gruppi non sarebbero mai riusciti a fare senza quel collante spontaneo.
Se per qualcosa si è contraddistinta la piazza nei paesi mussulmani in questi anni, è per la sua passività nei confronti dei propri governi ma anche per la sua capacità di mobilitarsi attorno al messaggio dell’islamismo radicale, che ha reso ancora più difficile l’ineluttabile cammino verso la democrazia del mondo islamico.
Questa è un’altra grande lezione della primavera fuori stagione del Nordafrica: Osama e Al Qaeda hanno perso il loro potenziale di mobilitazione nei confronti dei giovani istruiti, che non si eccitano più per i proclami dei barbuti, ma che esigono lavoro, opportunità e democrazia, come hanno dimostrato ai loro satrapi ma anche a un mondo un po’ incredulo in queste settimane.
La guerra al terrore Al Qaeda la sta perdendo non solo perché la sua capacità di nuocere con attività terroristiche è diminuita drasticamente grazie alla cooperazione internazionale, ma soprattutto perché i giovani non fremono più a quel grido di battaglia. L’integralismo islamico recluta solo più in zone recondite, tribali e fuori dalla modernità: il fatto che l’Egitto vada in un’altra direzione è la migliore notizia di questi giorni.
È stato poi anche necessario che al disagio sociale e politico si aggiungessero i problemi economici, che alimentano lo scontento: alla disoccupazione giovanile, endemica in tutti i paesi della regione non a causa dello scarso dinamismo economico, ma del paternalismo imperante nel sistema e della poca aderenza dei meccanismi di mercato in contesti dominate dalle famiglie dei rais.
A tali problemi strutturali si è sovrapposto l’aumento dei prezzi degli alimenti, un fenomeno mondiale che i regimi fanno fatica a controllare. Rivolte del pane ce ne sono state parecchie nel corso dei decenni passati: in questo caso, però, non sono venute da sole, e non è bastato imporre dei prezzi politici a pane e olio per calmare le folle.
È vero che, come segnalato da molti da dicembre in poi, non tutti i casi sono uguali, Di fatto, la situazione specifica varia da paese a paese, e se Tunisia ed Egitto avevano tra loro molte similitudini, non era sicuro che gli eventi di Tunisi potessero creare un’onda d’urto come quella cui stiamo assistendo.
Per il momento, riescono a contenere i danni quei paesi (Marocco, Algeria) nei quali, pur non mancando elementi comuni a quelli presenti in Egitto e Tunisia, sono state introdotte, nel corso degli anni riforme significative. In Marocco, Mohamed VI gode di un prestigio come monarca “aperto” di cui non godevano gli autocrati caduti.
E non è rimasto immobile in questi anni, pur tenendo salde in mano le redini del potere (il sistema “makhzen“). Anche l’Algeria, pur non esente da problemi politici ed economici, ha pur sempre tenuto elezioni, anche se in un caso boicottate dall’opposizione. Ma Bouteflika non è privo di carisma politico, anche se a volte eccessivo, ed è visto dagli algerini come colui che pose fine alla guerra civile.
In Algeria, la risposta alla crisi economica internazionale è stata poi una riappropriazione dell’economia da parte dello Stato che ha portato qualche beneficio.
Con questo non vogliamo dire che Marocco e Algeria non saranno obbligate ad approfondire le riforme economiche e politiche necessarie per dare sfogo alle energie represse in quei paesi. Crediamo però che esistano elementi per pensare che quei sistemi politici possano tenere, accelerando ora le riforme già sbozzate.
Il regime libico è finito: dittatura senza contemplazioni né tentativi di facciata di aggraziarsi l’Occidente, è un paese al quale si è sempre riservata una compiacenza esagerata: al “pazzo” Gheddafi si è sempre permesso tutto, specie da quando ha rinunciato alla minaccia nucleare e all’appoggio esplicito al terrorismo internazionale.
A cambio di tali decisioni, e del petrolio, si sono tollerati situazioni e atteggiamenti libici che non sarebbero mai stati permessi a nessun altro paese al mondo.
Gheddafi, persa la possibilità d’integrare il mondo arabo attorno alla sua figura, si è dedicato negli ultimi dieci – quindici anno a crearsi un ruolo africano, che ha avuto conseguenze nefaste sulle democrazie in Africa subshariana. La prossima caduta del “re dei re d’Africa” (modesto titolo che usa sul continente) non sarà purtroppo indolore, ma il velo d’ipocrisia che ha protetto il suo regime per anni è finalmente caduto.
La sparizione del regime della Jamariya è un’ ottima notizia per il mondo, anche se si aprono scenari complessi, visto l’assolutismo con cui Gheddafi e il suo clan hanno gestito il potere per decenni.
Come ha reagito la comunità internazionale a questi cambiamenti? Se l’Occidente disponeva di buoni elementi d’analisi, non li ha però mai usati davvero a buon fine, preso in ostaggio dal discorso catastrofista degli “uomini saggi” della riva  sud del mediterraneo. La tripla ipoteca della paura all’islamismo, della dipendenza dagli idrocarburi e della minaccia perenne dell’emigrazione di massa ha ibernato la fantasia politica dei paesi occidentali, che si sono sempre mossi su un agenda tracciata dai dittatori del Sud.
Non riconoscere il risultato elettorale del 1992 in Algeria fu il peccato originale, che trascinò il paese in una sanguinosa guerra civile. Le elezioni palestinesi vinte da Hamas e le difficoltà nell’accettare tale esito, inevitabile, si tradussero nell’idea che la democrazia non può funzionare nel mondo arabo perché se no “vincono i cattivi”.
Quest’idea ha bloccato la regione fino ad oggi: ma l’altra grande lezione di questi giorni è che non sono gli islamisti i protagonisti delle rivoluzioni, ma la gente comune. Anche gli arabi possono volere la democrazia, anche se a tanti costa accettare l’idea.
Il dovere del resto del mondo è ora quello di assecondare queste rivoluzioni, così come ci facemmo in quattro per appoggiare i paesi che abbandonarono di colpo il comunismo.
Dopo la caduta del muro di Berlino, quegli stessi analisti che non avevano visto venire nulla s’affrettarono a concludere che la morte del comunismo supponeva una transizione rapida e gioiosa vero il capitalismo. È stato così, ma nel quadro di un processo irto di difficoltà impreviste. Di fatto, la transizione è avvenuta meglio in quei paesi che sono potuti entrare nell’Unione Europea (l’allargamento costituisce uno straordinario successo della politica estera europea, spesso criticata per la sua supposta invisibilità: ebbene, quello che fu un successo talmente grande che adesso è facile e ingiusto darlo come qualcosa di scontato).
Perche è l’integrazione in uno spazio politico ambizioso come l’UE che ha permesso a quei paesi di completare a dovere il processo di cambiamento. Scusate se è poco.
La transizione è invece rimasta insoddisfacente in tutti quei paesi che sono rimasti fuori dall’UE, e che fanno parte della politica di vicinanza. In quel caso, lo stimolo derivante da tale partnership non è stato sufficiente a permettere loro di completare quel processo, e molto rimane da fare.
Nei confronti del mondo islamico si apre oggi una prospettiva straordinariamente interessante: i cittadini hanno dimostrato la fallacia dell’idea che i mussulmani “hanno bisogno di un dittatore”: l’umanità evolve, e la democrazia è il prossimo appuntamento anche per loro. Se nel caso dei paesi comunisti si erano sottostimate le difficoltà, oggi le si sovrastima, giudicando impossibile un cammino verso la democrazia in quelle nazioni. Non è vero: sarà difficile, ma potremo proprio usare l’esperienza degli anni novanta per tracciare un cammino di aiuto.
L’Occidente ha tutto l’interesse ad aiutare quest’ondata espansiva della democrazia a consolidarsi.
Sarà lungo e difficile ma necessario. Le alternative sono la barbarie e il caos.
La comunità internazionale non è stata particolarmente efficiente in materia di “state – building” e “democracy – building”: in Afghanistan, Timor, nei Balcani non sono mancati errori anche clamorosi. Ma il caso dell’allargamento a est dell’UE offre un esempio positivo: quando esiste una prospettiva di medio periodo chiara di dove si sta andando, è possibile tracciare il percorso giusto. Nel caso dei paesi dell’est era l’adesione all’UE, ed ha funzionato.
Nel caso dei paesi del mediterraneo è la democrazia reale, senza più preclusioni per un’eventuale democrazia mussulmana, che del resto ha già dato buone prove in Turchia. Chiaro che non mancheranno tensioni e indietreggiamenti, ma difficilmente gli eroi di piazza Tahrir s’accontenteranno di meno. È nostro dovere vincere i nostri pregiudizi, approfondire le analisi e offrire assistenza là dove necessario. Possibile che i tempi per elezioni in Tunisia ed Egitto siano troppo corti: in sei mesi non si costruisce una rete di partiti e strutture che possano competere in elezioni né si possono riformare a dovere leggi fatte apposta per eleggere i dittatori.
Non sarebbe quindi grave che i tempi si dilatassero un po’. Ma senza perdere di vista la prospettiva finale, che non può essere altra che la democrazia.
La rivoluzione democratica che Bush voleva portare dall’Iraq al resto del mondo arabo è fallita miseramente , vittima della propria ipocrisia di fondo: quello che si voleva erano regimi docili dietro una patina democratica. Ma è fallito anche l’approccio integralista di Osama bin Laden.
L’Europa ha una carta da giocare: non critichiamola per le sue timidezze di questi giorni: è troppo presto per mettere a prova una nuova struttura di politica estera nata da pochi mesi e non ancora rodata. Comunque, per inciso, nessun altro ha fatto meglio, e qualcuno ha fatto ben peggio, esprimendo opinioni di bassissimo livello che fanno preferire un discreto silenzio.
L’UE può fare molto per appoggiare la democratizzazione, nei tempi e le modalità che saranno necessari, e per dare finalmente sostanza a quell’Unione per il Mediterraneo che sinora è stata ostaggio dei prepotenti. Che a poco a poco lasciano la scena, aprendo lo spazio a nuovi scenari. In cui, oltre al potere di facebook, si può inserire anche il “soft power” europeo. Può sembrare una conclusione all’ “aspettando Godot”, ma è forse la prova di cui avevamo bisogno.
La breccia tra Islam ed Occidente può finalmente richiudersi, così come avvenne a quella tra paesi capitalisti e comunisti.

Stefano Gatto si è laureato a 24 anni: l'ultimo anno in una specie di Erasmus a Barcellona, dopodichè rimane a lavorare in Spagna 5 anni nel privato.
A 30 anni si sposa e vince il concorso UE, trasferendosi a Bruxelles.
Al tempo stesso rinuncia a perseguire un PH.D. a Columbia (era stato ammesso quello stesso anno).
All'interno della Commissione Europea era intenzionato a dirigersi verso il settore politica estera: non fu possibile subito, il suo primo posto fu a Eurostat, dove però si occupa di cooperazione con America Latina ed Asia, viaggiando moltissimo in quelle zone.
A 33 anni passa definitivamente alla direzione generale politica estera, direzione America Latina.
A 35 il primo posto in Brasile (consigliere politico ed economico), a 39 il secondo in India (volutamente in Asia per non divenire solo uno specialista America Latina, consigliere commerciale, soprattutto OMC).
A 43 il rientro obbligato a Bruxelles (dopo due posti all'estero è la regola), dove, essendosi occupato sempre più di questioni economiche che politiche cerca un posto di natura prettamente politica: responsabile delle missioni d'osservazione elettorali dell'UE nel mondo, un tema che lo ha portato a confrontarsi con scenari delicati un pò ovunque nel pianeta (Afghanistan, Venezuela, Timor, Angola, Costa d'Avorio etc.).
Un periodo molto istruttivo.
Conosciuto grazie ad un amico comune, affezionato al Siena calcio, alla Juventus, membro e "piccolo azionista" del F.C. Barcelona.
Scrive di politica su lo spazio della politica, potete seguire là i suoi interventi.

domenica 27 febbraio 2011

La Politica e la Giustizia secondo me e secondo Travaglio&Lucia

Il seguente post è un articolo uscito su Panorama tempo fa sulla presunta intervista a Paolo Borsellino che accusa Berlusconi. Questo botta e risposta è l'ultimo di una lunghissima serie di discussioni via facebook che mi ha visto impegnato con la mia amica Lucia.
"IL FALSO TESTAMENTO DI BORSELLINO".
Da anni si ripete che nell’ultima intervista il giudice accusò Berlusconi. Non è vero. E quella non fu neppure l’ultima intervista.
C'è una favola che viene raccontata da una decina d'anni dai professionisti dell'antimafia, in articoli e in libri, e in trasmissioni televisive, quelle dette di approfondimento.
E' la favola dell' “ultima” intervista di Paolo Borsellino: prima di morire, straziato dal tritolo in via D'Amelio sotto la casa della madre, il giudice avrebbe consegnato a un giornalista francese una specie di testamento, nel quale per primo, e due anni prima della discesa in campo del Cavaliere, denunciava i rapporti con la mafia di Silvio Berlusconi. La morale della favola è pacifica: se lo diceva Paolo Borsellino, e sono state le sue ultime parole, e tanto tempo prima delle inchieste e dei processi...
Che c'è di vero? Niente. Tranne il fatto, risaputo molto tempo dopo, che il 21 maggio del 1992, due giorni prima della strage di Capaci, dove fu ucciso Giovanni Falcone e due mesi prima della strage di via D'Amelio, Borsellino aveva ricevuto a casa sua, a Palermo, un certo Fabrizio Calvi, accompagnato da un operatore televisivo, e aveva parlato con loro per un paio d'ore.
Di che cosa in quella occasione si erano detti, il giudice e il giornalista e l'operatore, e dell'intervista che ne sarebbe stata ricavata, e dell'inchiesta di cui quell'intervista avrebbe dovuto far parte, non si era saputo mai niente. Non se ne parlò né due giorni dopo, quando fu ammazzato Falcone, né due mesi dopo, quando fu ammazzato Borsellino (e Dio sa se questa non sarebbe stata l'occasione migliore per rivelare le presunte “ultime volontà” del giudice assassinato), né nei due anni successivi. Finchè, l'8 aprile del 1994, due anni dopo il colloquio tra il giudice e i giornalisti, e in coincidenza con l'annuncio data dall'onorevole Luciano Violante, allora presidente della commissione parlamentare Antimafia, di una inchiesta per mafia a carico di Marcello Dell'Utri, comparve improvvisamente sull'Espresso un “resoconto” della conversazione. E dovevano passare ancora sette anni prima che, nell'aprile dei 2001, proprio alla vigilia delle elezioni politiche, un “montaggio” del filmato fosse trasmesso, prima da Rainews 24 e poi da Michele Santoro in una puntata del “Raggio verde”.
Solo in quest'ultima occasione si seppe dalla viva voce dell'autore Fabrizio Calvi che il filmato originario dell'intervista durava circa mezz'ora, che non era stato mai utilizzato, né in Francia né in Italia, né era stato mai trasmesso in tv né mai trascritto, in tutto o in parte, in libri o giornali, e che alla fine era andato smarrito, e che il filmato trasmesso, che era della durata di soli dieci minuti (quasi solo la terza parte dell'originale), ne era soltanto una “sintesi” (realizzata arbitrariamente con un sistema di tagli e cuci), e che questa sintesi non corrispondeva perfettamente nemmeno al resoconto, pur esso parziale, pubblicato dall'Espresso.
Ma che dice Paolo Borsellino, in questa sintesi della sintesi dell'intervista tagliata e cucita, di così importante a proposito dei rapporti con la mafia di Silvio Berlusconi, e se non direttamente di Berlusconi, almeno di Marcello Dell'Utri? Assolutamente niente. Sono i giornalisti che insistono con le domande, partendo dal solito “stalliere” Vittorio Mangano, e cercano di strappargli di bocca qualcosa, ma il giudice ostinatamente nega e si sottrae. Qualche esempio delle risposte di Borsellino: “Non sono a conoscenza di questo episodio”; “probabilmente non si tratta della stessa intercettazione”; “Dell'Utri non è stato imputato nel maxiprocesso, per quanto io ricordi...”; “non ne conosco i particolari”; “si tratta di atti processuali dei quali non mi sono personalmente occupato, quindi sui quali non potrei rivelare nulla”; “non mi dovete fare queste domande su Dell'Utri perché siccome non mi sono interessato io personalmente, dal punto di vista della mia professione ne so pochissimo, conseguentemente quello che so io è quello che può risultare dai giornali, non è comunque una conoscenza professionale e sul punto non ho altri ricordi”; “che Mangano e Dell'Utri sono di Palermo tutti e due, non è una considerazione che induce alcuna conclusione... non è detto che si conoscessero”; “so dell'esistenza di Rapisarda , ma non me ne sono mai occupato personalmente”; “per quanto riguarda Dell'Utri e Rapisarda non so fornirle particolari indicazioni...”; “non le saprei dire in proposito”; “io non ho personalmente elementi da poter esprimere...”, “questa vicenda che riguarderebbe i rapporti con Berlusconi è una vicenda che non mi appartiene... quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla”.
Ma il falso principale, il punto sul quale in questi anni i professionisti dell'antimafia hanno più insistito e continuano a insistere, quello che dovrebbe più effetto sugli sprovveduti e gli ignoranti, l'elemento più emozionale ed emozionante della falsa ultima intervista, che quelle su Berlusconi e la mafia sarebbero state “le ultime parole” del martire Borsellino, il falso più falso è proprio questo, che il colloquio con i giornalisti francesi del 21 maggio del '92 non è “l'ultima” intervista di Borsellino.
Un mese dopo, trenta giorni dopo la strage di Capaci e la morte del suo amico Falcone, e un mese prima di essere ucciso a sua volta, il 23 giugno, Borsellino riceve nello studio di casa sua, in via Cilea, un altro giornalista, un giornalista italiano, e si racconta. Questa sarà veramente la sua ultima intervista, l'ultima intervista trasmessa prima della strage di via D'Amelio. Ed è veramente drammatica, e può essere considerata il suo testamento, c'è persino il presagio di ciò che sta per succedergli: “Dalla morte di questo mio vecchio amico e compagno di lavoro la mia vita è cambiata... mi sento un sopravvissuto... ricordo ciò che mi disse Ninni Cassará allorché ci stavamo recando insieme sul luogo dove era stato ucciso il dottore Montana... Mi disse: ‘Convinciamoci che noi siamo dei cadaveri che camminano...’. ”
E a chi l' ha data quest'ultima intervista, a chi ha consegnato questo testamento Paolo Borsellino, poco prima di morire? Al vice direttore di Canale 5, a un giornalista  della televisione di Silvio Berlusconi. Il martire della mafia, l'ultima volta che ha parlato, ha parlato con il “mafioso”.

Articolo di Lino Jannuzzi apparso sul settimanale Panorama nella consueta rubrica Tazebao, curato dallo stesso Jannuzzi.

sabato 12 febbraio 2011

Un giorno con L'Elefantino e in mutande...ma vivo!



Foto scattata dalla giornalista di SKY.it in occasione della manifestazione "In mutande ma vivi" indetta al Teatro Del Verme di Milano da Giuliano Ferrara.
Sotto la foto sul sito è comparso la mia (molto strimizzita e sintetizzata) dichiarazione a favore della manifestazione.
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Ftg24.sky.it%2Ftg24%2Fcronaca%2Fphotogallery%2F2011%2F02%2F12%2Fgiuliano_ferrara_silvio_berlusconi_in_mutande_ma_vivi_milano_popup.html%3Fp%3D13&h=e8e97

Nei commenti, qui sotto, sto per pubblicare gli interi interventi delle personalità intellettuali che hanno detto la loro.

venerdì 11 febbraio 2011

Ecco perchè Assange ci ha rivelato che Berlusconi fa i nostri interessi...

In uno dei molti "leaks" è rivelata l'irritazione statunitense per gli intesi e proficui rapporti tra L'Italia e la Russia e in particolare la stretta amicizia tra Berlusconi e Putin.
alcune rivelazioni nell'area mediorientale (Yemen/USA, Egitto/Al Fatah/Israele Operazione militare "Piombo Fuso") possono creare serie ripercussioni. Per il resto, come espressamente rammentano dal NYT e dal Foglio, molte di quelle presunte rivelazioni erano già state fatte presenti nelle riviste specializzate. La vera differenza è stata quella di essere state accompagnate da presunti gossip...cmq dovrei personalmente ringraziare Assange perchè mi ha fatto capire che Silvio Berlusconi fa davvero i miei interessi, gli interessi dello Stato Italiano.
Capisco l'irritazione di quanti, ideologicamente sempre contro il governo, si arrampicano sui presunti rapporti poco chiari tra ENI e Gazprom.
L'amicizia tra SB e VPutin ha portato enormi vantaggi all'Italia, sopratutto nel campo degli affari.
Questo è la vera scocciatura degli americani, perchè al solito vogliono che gli stati NATO siano allineati con la propria politica e vedono come potenzialmente dannoso qualsiasi altro rapporto che non soddisfi le loro esigenze.
L'interscambio Russia/Italia dal 1998 al 2008 è aumentato del 230% precisamente dai 2,7 a 9,5 miliardi di dollari.
Quando Gazprom voleva incorporare una piccola società di ENI, la gazpromneft, nei suoi asset, intervenne SB che lo esortò a rivedere i termini dell'accordo che sembravano troppo penalizzanti per l'Italia.
VP e SB durante la crisi georgiana si sono sentiti al telefono ogni giorno come racconta Spogli, l'ambasciatore americano.
La vera ragione di insoddisfazione, da parte degli americani, è che l'Italia avrebbe dovuto partecipare al progetto gasdotto Nabucco dove la presenza americana nella quota del progetto è rilevante. Peccato però che Nabucco deve passare al confine dell'Iran che appunto deve fornire gas: bel modo di diversificare in tempi di embargo!
I manuali di politica energetica, dove la parola politica sta anche per geopolitica, ci inducono a pensare che effettivamente la Russia non è così onnipotente come sembra (per dirla con le tue parole).
Infatti il gasdotto, che sia South Stream o Nabucco, non vincola solo gli acquirenti ma anche i produttori perchè genera un flusso di movimenti che va ad impattare nella relativa bilancia dei pagamenti.
Ritengo dunque, aldilà delle sterili polemiche sul ruolo di SB, che la nostra azione in quest'ottica sia stata salutare perchè, puntando sul gas, si riduce il potere dell' OPEC e di stati come Iran e Venezuela.
E credimi, io mi fiderei più dell'Ucraina Europeizzata che di un Iran destabilizzante e sotto embargo internazionale.
Non credo invece del ruolo predominante di SB nel conflitto georgiano. Li' il grosso lo ha fatto Sarkozy che, alla prima vera prova del suo mandato in ambito "crisi internazionali" aveva tutta la voglia di convincere Putin e Sahashvili a non forzare la corda: e ci riusci (ricordiamoci la visita lampo che la Francia fece in Russia).
La Russia mostrò i muscoli e la Georgia si adeguò perchè capì che un Bush a fine mandato (eravamo agli sgoccioli) non avrebbe garantito la copertura necessaria a qualche colpo di testa imprudente.
Quando tu sostieni che: "Ho tendenza a pensare che avere due gaseodotti concorrenti possa essere una buona soluzione in termini di concorrenza" dici una verità che implica un'altra verità che corrobora la tesi berlusconiana: la Libia. Perchè avendo una "terza fonte" e diversificando dunque i nostri approvvigionamenti, rimarremo sempre più "autonomi" e meno "ricattabili" dall'amico Putin di turno.
E' davvero singolare che oltretutto ci si concentra solo ed esclusivamente sui rapporti SB-VP quando il vero portavoce di Putin è un certo Gerard Shroeder il quale già ai tempi di primo ministro definì il rapporto con Putin una "mannerfreundshaften, un'amicizia tra galantuomini" e dopo aver addirittura adottato una bambina russa, dichiarò che "Valdimir Putin è un democratico al 100%".
P.S. Riguardo alla tua nota del sincero interesse di SB per l'Italia, rispondo dicendoti che farei volentieri a meno nel dover sottolineare una cosa che dovrebbe essere ovvia...ma se siamo costretti ancora una volta a sottolineare questa ovvietà è perchè la stampa progressista e l'opposizione più oltranzista non lo riconoscono.
Quindi se loro lo attribuissero e lo riconoscessero autonomamente, non ci sarebbe bisogno di queste superflue precisazioni circa il sincero interesse di SB per le questioni energetiche.

scambio con Stefano Gatto, Jefe de Misión (Encargado de negocios) at Delegación de la Unión Europea en El Salvador. (che tradotto è il delegato per gli affari negoziali con El Salvador della rappresentanza diplomatica dell'unione Europea).

Bellissimo discorso di Obama


TUCSON, Ariz. - Questo è il testo del lungo discorso di Obama in memoria delle 5 vittime dell'attentato alla senatrice repubblica Gabrielle Giffords a Tucson, in Arizona nel corso del suo comizio finito in una strage ad opera di uno squilibrato.
Ho cercato di tradurre (per quanto fedele possa essere la mia traduzione) il testo ma mi sono fermato quando sono arrivato a meno della metà del discorso! Troppo lungo... ma bello! Cliccando sul titolo potete vedere il video tratto da youtube.

"To the families of those we've lost; to all who called them friends; to the students of this university, the public servants gathered tonight, and the people of Tucson and Arizona: I have come here tonight as an American who, like all Americans, kneels to pray with you today, and will stand by you tomorrow.

Alle famiglie di coloro che abbiamo perso; a tutti coloro gli erano amici; agli studenti di questa università, tutti i funzionari pubblici radunati qui stasera, e ai cittadini di Tucson e dell'Arizona: Sono venuto qui stasera come un Americano che, come tutti gli Americani, si genuflette per pregare con voi oggi, e stare con voi domani.

There is nothing I can say that will fill the sudden hole torn in your hearts. But know this: the hopes of a nation are here tonight. We mourn with you for the fallen. We join you in your grief. And we add our faith to yours that Representative Gabrielle Giffords and the other living victims of this tragedy pull through.

Non c'è niente da dire che riempirà l'improvviso buco scavato nei vostri cuori. Ma sappiate questo: le speranze della nazione sono qui stanotte. Noi piangiamo con voi per i caduti. Ci uniamo a voi nel vostro lutto. E aggiungiamo la nostra fede che la vostra Rappresentante Gabrielle Giffords e le altre vittime e i sopravvissuti di questa tragedia possano farcela.
As Scripture tells us:

There is a river whose streams make glad the city of God,
the holy place where the Most High dwells.
God is within her, she will not fall;
God will help her at break of day.

La Bibbia ci dice:

C'è un Fiume il cui corso rende felice la città di Dio,
un posto sacro dove l'Altissimo dimora.
Dio è dentro di lei, lei non cadrà;
Dio l'aiuterà all'alba del giorno.

[...]

Our hearts are full of hope and thanks for the 13 Americans who survived the shooting, including the congresswoman many of them went to see on Saturday. I have just come from the University Medical Center, just a mile from here, where our friend Gabby courageously fights to recover even as we speak. And I can tell you this - she knows we're here and she knows we love her and she knows that we will be rooting for her throughout what will be a difficult journey.

I nostri cuori sono pieni di speranza e grazie ai 13 americani che sono sopravvissuti alla sparatoria inclusa la parlamentare, molti di loro erano andati a vederla Sabato.
Sono appena rtornato dall'university of Medical Center, a poche miglia da qui, dove la nostra amca Gabby lotta coraggiosamente anche quando mentre noi parliamo. Io posso dirvi questo- lei sa che siamo qui e lei sa che l'amiamo e lei sa che tiferemo per lei attraverso ciò che sarà un difficile viaggio.

And our hearts are full of gratitude for those who saved others. We are grateful for Daniel Hernandez, a volunteer in Gabby's office who ran through the chaos to minister to his boss, tending to her wounds to keep her alive. We are grateful for the men who tackled the gunman as he stopped to reload [...].
I nostri cuori sono pieni di riconoscenza per coloro che hanno salvato gli altri. Siamo grati a Daniel Fernandez, un volontario del gabinetto di Gabby che si è precipitato a soccorrere il proprio capo prendendosi cura delle ferite per tenerla viva. Siamo grati per gli uomini che hanno bloccato il killer nel omento che lui si è fermato per ricaricare.

These men and women remind us that heroism is found not only on the fields of battle. They remind us that heroism does not require special training or physical strength. Heroism is here, all around us, in the hearts of so many of our fellow citizens, just waiting to be summoned - as it was on Saturday morning.

Their actions, their selflessness, also pose a challenge to each of us. It raises the question of what, beyond the prayers and expressions of concern, is required of us going forward. How can we honor the fallen? How can we be true to their memory?

You see, when a tragedy like this strikes, it is part of our nature to demand explanations - to try to impose some order on the chaos, and make sense out of that which seems senseless. Already we've seen a national conversation commence, not only about the motivations behind these killings, but about everything from the merits of gun safety laws to the adequacy of our mental health systems. Much of this process, of debating what might be done to prevent such tragedies in the future, is an essential ingredient in our exercise of self-government.

But at a time when our discourse has become so sharply polarized - at a time when we are far too eager to lay the blame for all that ails the world at the feet of those who think differently than we do - it's important for us to pause for a moment and make sure that we are talking with each other in a way that heals, not a way that wounds.

Scripture tells us that there is evil in the world, and that terrible things happen for reasons that defy human understanding. In the words of Job, "when I looked for light, then came darkness." Bad things happen, and we must guard against simple explanations in the aftermath.

For the truth is that none of us can know exactly what triggered this vicious attack. None of us can know with any certainty what might have stopped those shots from being fired, or what thoughts lurked in the inner recesses of a violent man's mind.

So yes, we must examine all the facts behind this tragedy. We cannot and will not be passive in the face of such violence. We should be willing to challenge old assumptions in order to lessen the prospects of violence in the future.

But what we can't do is use this tragedy as one more occasion to turn on one another. As we discuss these issues, let each of us do so with a good dose of humility. Rather than pointing fingers or assigning blame, let us use this occasion to expand our moral imaginations, to listen to each other more carefully, to sharpen our instincts for empathy, and remind ourselves of all the ways our hopes and dreams are bound together.

After all, that's what most of us do when we lose someone in our family - especially if the loss is unexpected. We're shaken from our routines, and forced to look inward. We reflect on the past. Did we spend enough time with an aging parent, we wonder. Did we express our gratitude for all the sacrifices they made for us? Did we tell a spouse just how desperately we loved them, not just once in awhile but every single day?

So sudden loss causes us to look backward - but it also forces us to look forward, to reflect on the present and the future, on the manner in which we live our lives and nurture our relationships with those who are still with us. We may ask ourselves if we've shown enough kindness and generosity and compassion to the people in our lives. Perhaps we question whether we are doing right by our children, or our community, and whether our priorities are in order. We recognize our own mortality, and are reminded that in the fleeting time we have on this earth, what matters is not wealth, or status, or power, or fame - but rather, how well we have loved, and what small part we have played in bettering the lives of others.

That process of reflection, of making sure we align our values with our actions - that, I believe, is what a tragedy like this requires. For those who were harmed, those who were killed - they are part of our family, an American family 300 million strong. We may not have known them personally, but we surely see ourselves in them. In George and Dot, in Dorwan and Mavy, we sense the abiding love we have for our own husbands, our own wives, our own life partners. Phyllis - she's our mom or grandma; Gabe our brother or son. In Judge Roll, we recognize not only a man who prized his family and doing his job well, but also a man who embodied America's fidelity to the law. In Gabby, we see a reflection of our public spiritedness, that desire to participate in that sometimes frustrating, sometimes contentious, but always necessary and never-ending process to form a more perfect union.

And in Christina...in Christina we see all of our children. So curious, so trusting, so energetic and full of magic.

So deserving of our love.

And so deserving of our good example. If this tragedy prompts reflection and debate, as it should, let's make sure it's worthy of those we have lost. Let's make sure it's not on the usual plane of politics and point scoring and pettiness that drifts away with the next news cycle.

The loss of these wonderful people should make every one of us strive to be better in our private lives - to be better friends and neighbors, co-workers and parents. And if, as has been discussed in recent days, their deaths help usher in more civility in our public discourse, let's remember that it is not because a simple lack of civility caused this tragedy, but rather because only a more civil and honest public discourse can help us face up to our challenges as a nation, in a way that would make them proud. It should be because we want to live up to the example of public servants like John Roll and Gabby Giffords, who knew first and foremost that we are all Americans, and that we can question each other's ideas without questioning each other's love of country, and that our task, working together, is to constantly widen the circle of our concern so that we bequeath the American dream to future generations.

I believe we can be better. Those who died here, those who saved lives here - they help me believe. We may not be able to stop all evil in the world, but I know that how we treat one another is entirely up to us. I believe that for all our imperfections, we are full of decency and goodness, and that the forces that divide us are not as strong as those that unite us.

That's what I believe, in part because that's what a child like Christina Taylor Green believed. Imagine: here was a young girl who was just becoming aware of our democracy; just beginning to understand the obligations of citizenship; just starting to glimpse the fact that someday she too might play a part in shaping her nation's future. She had been elected to her student council; she saw public service as something exciting, something hopeful. She was off to meet her congresswoman, someone she was sure was good and important and might be a role model. She saw all this through the eyes of a child, undimmed by the cynicism or vitriol that we adults all too often just take for granted.

I want us to live up to her expectations. I want our democracy to be as good as she imagined it. All of us - we should do everything we can to make sure this country lives up to our children's expectations.

Christina was given to us on September 11th, 2001, one of 50 babies born that day to be pictured in a book called "Faces of Hope." On either side of her photo in that book were simple wishes for a child's life. "I hope you help those in need," read one. "I hope you know all of the words to the National Anthem and sing it with your hand over your heart. I hope you jump in rain puddles."

If there are rain puddles in heaven, Christina is jumping in them today. And here on Earth, we place our hands over our hearts, and commit ourselves as Americans to forging a country that is forever worthy of her gentle, happy spirit.

May God bless and keep those we've lost in restful and eternal peace. May He love and watch over the survivors. And may He bless the United States of America."

sabato 15 gennaio 2011

E se per caso vi saltasse in mente di criticare la Piazza degli Orologi: Attenti a Voi.





Acquisto orologio artistico per Palazzo Comunale.
Data 14.10.2010
L'anno DUEMILADIECI il giorno QUATTORDICI del mese di ottobre alle ore 13:30 nella
solita sala delle adunanze si è riunita la Giunta Comunale con l’intervento dei Sigg.:
ARCODIA
SANSIVERI
MONASTRA
MILETI
LUNGHITANO
Partecipa il Segretario Comunale, D.ssa Rachele CARISTO
Presiede il Sindaco, signor Amedeo ARCODIA.
VISTA
/AA.GG.
Data 12.10.2010
Acquisto orologio artistico per Palazzo Comunale. Assegnazione somme.-
PREMESSO
 che questo Comune, essendo un paese ricco di storia , di arte , di monumenti e di chiese,
è meta di numerosi turisti;
 che per le sue caratteristiche di centro medievale è stato annoverato tra i borghi più belli
d’Italia;
 che scopo di questa Amministrazione è quello di abbellire l’aspetto di questo piccolo
centro storico;
 che, per tale finalità, intende dotare il Palazzo Comunale di un orologio artistico;
 che da un’indagine di mercato il costo di tale orologio ammonta presumibilmente ad €
4.500,00;
RITENUTO
 di dovere provvedere all’acquisto di un orologio da inserire nella facciata del Palazzo
Comunale
2) Di assegnare a tal fine al Responsabile del Settore Affari Generali la complessiva somma di €
4.500,00 dando atto che la stessa potrà trovare copertura al codice d’intervento 2090101/3
del bilancio dell’esercizio corrente, esecutivo a sensi di legge.
Il Segretario Comunale
F.to D.ssa Rachele CARISTO

Auguri...!

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