domenica 28 marzo 2010

La Glasnost Aluntina!


L'ORA DELLA GLASNOST E DELLA TRASPARENZA ALUNTINA

La legge n. 69 del 18 giugno 2009, perseguendo l'obiettivo di modernizzare l'azione amministrativa mediante il ricorso agli strumenti ed alla comunicazione informatica, riconosce l'effetto di pubblicità legale solamente agli atti e ai provvedimenti amministrativi pubblicati dagli Enti Pubblici sui propri siti informatici.

Questo significa che dal 2009 in poi ogni Comune ha l'obbligo di pubblicare gli atti amministrativi (delibere, determine e tutti i provvedimenti che solitamente vengono affissi in forma cartacea negli albi pretori di ciascun comune) sul proprio sito internet.

Questa norma ha l'effetto di digitalizzare ed informatizzare il sistema, a razionalizzare i costi di cancelleria grazie al sempre meno utilizzo della carta, e ovviamente avvicinare il cittadino alla vita politico-amministrativa della propria città data l'enorme rilevanza che ormai ha assunto l'utilizzo di internet nelle nostre case.

La riforma è stata voluta fortemente dal Ministro Brunetta anche se l'ex ministro della funzione pubblica Luigi Nicolais aveva lavorato molto in questa direzione.

Ciò che non deve passare inosservato è la doccia fredda che questo provvedimento ha rappresentato per gli attuali amministratori comunali.

E' utile a proposito raccontare cosa successe all'indomani della vittoria alle elezioni quando il gruppo sconfitto "Con I giovani per San Marco" chiese con una lettera al Sindaco di poter ricevere tute le delibere comunali emesse dalla giunta e dal consiglio tramite posta e pagando anche una somma di denaro al Comune per coprire i costi delle fotocopie.

Il Gruppo aveva avanzato tale richiesta perchè era partito da una prassi utilizzata ancora oggi dal nostro comune.

La prassi è quella di notificare, tramite il messo comunale, e consegnare l'avviso di ogni convocazione del consiglio comunale con i relativi ordini del giorno agli ex sindaci.

Giuseppe Duodeci aveva ricoperto la carica di Sindaco nel nostro Paese e pertanto ogni volta che si indice un consiglio comunale a lui viene consegnato un avviso della riunione e dell' ordine del giorno.

Partendo dunque da questa prassi, il gruppo aveva pensato: " perchè non chiediamo, data la nostra impossibilità a recarsi spesso al comune per motivi di lavoro e di studio, di poter inviare a Giuseppe Duodeci in qualità di ex sindaco oltre l'avviso della convocazione del consiglio comunale anche le delibere che vengono emanate, pagando ovviamente i costi delle fotocopie?"

La risposta ovviamente fu respinta con le scuse più banali, accampando certi artifizi pseudo- giuridici secondo i quali Giuseppe Duodeci in base alla sentenza del TAR era stato "cancellato" dall' albo dei sindaci che si erano susseguiti nel corso della storia politica di San Marco perchè la sua elezione era stata appunto annullata.

A parte la palese infondatezza della risposta, si può ben intuire l' incongruenza e la contraddizione che vi era in questa disarmante giustificazione.

Se davvero le cose fossero in quel modo, perchè al quel sindaco "annullato" si inviava e si inviano tutt'ora le notifiche e gli avvisi del consiglio comunale? Misteri della burocrazia aluntina.

Se fosse un sindaco "annullato" non gli si devono far pervenire nessun tipo di documenti amministrativi.

Lasciando stare queste ridicole giustificazioni avanzate dal braccio politico dell'amministrazione, Dott.ssa Rachele Caristi&co, il risultato è stato dunque un "No" secco.

Preso atto di questa situazione si è andato ad indagare approfonditamente e si scoprì che nel periodo nel quale l' amministrazione Priola aveva subito al proprio interno una scissione, a qualche componente scissionista, il qualità di consigliere comunale, si venivano recapitate addirittura a casa ogni delibera che l' amministrazione emanava.

Se proprio dovessimo ragionar in punta di diritto, la legge riconosce la facoltà di farsi spedire le delibere a casa solo al capogruppo consiliare e in quel momento lo scissionista non era affatto capogruppo consiliare.

La motivazione reale che stava dietro a questo rifiuto era il timore che l' eccessive informazioni in possesso del gruppo e data anche la natura un pò "giornalistica" dello stesso gruppo, potessero essere utilizzate per mettere sotto la lente di ingrandimento l'attività amministrativa.

Si evitava così di dare troppi strumenti in mano a chi poi li poteva utilizzare per esercitare il libero diritto di critica.

Ci riuscirono; e non si è avuto la possibilità di protestare dicendo che Capo d' Orlando aveva informatizzato già il sistema e che addirittura il consiglio comunale veniva ripreso da una web cam dove i cittadini anche da casa potevano sintonizzarsi e vedere la seduta.

Non ci fu niente da fare, dunque la soluzione fu quella di perdere intere mattinate al comune, facendo una richiesta scritta per ogni singola delibera che si voleva visionare, attendere che l' impiegato la portasse, essere pedinati ed osservati su quali delibere una persona fosse interessata fornendo anche delle giustificazioni ai curiosi di turno.

Ci rinunciammo! Così ogni sera prima di andare a casa ci si ritrovava nel buio del vicolo dove era posto l' albo pretorio dell'ex casa Meli, con la lucina del telefonino accesa per vedere alcune delibere col rischio di far prendere un infarto alle persone che da lì passavano, e ci si arrangiava come si poteva (questo aneddoto può far riflettere coloro che adesso ci fanno notare "dove eravamo 4 anni fa?-Lì eravamo, proprio nei vicoli a leggere le delibere per tenersi costantemente aggiornati nonostante l' ostruzionismo!).

Adesso, visitando il sito web del nostro paese, tutto questo calvario è finito. Ma non grazie alle sollecitazioni o alla volontà degli amministratori, ma grazie appunto alla legge Brunetta che obbliga i comuni a dotarsi da qui al luglio 2010 di un albo pretorio informatico che gradualmente dovrebbe sostituire quello cartaceo.

Una vera e propria doccia fredda per l' amministrazione che così adesso è obbligata a pubblicare tutto affinchè tutti possano vedere ciò che fa.

Facendo un giro sul sito, non si può non rilevare il buon lavoro fatto a proposito.

Che dire, una vera e propria beffa: parlare della pubblicità dell’ atto a questa amministrazione è come parlare della corda nella casa dell’ impiccato.

Proprio a loro, coloro che volevano tenere nascosto tutto...!



lunedì 15 marzo 2010

Il mito del calcio inglese...


Da alcuni anni si discute della superiorità del calcio inglese, della sua forte immagine attrattiva, del marchio della premier League che fa attrarre capitali stranieri e investitori da ogni angolo della terra.
Il loro presunto fair play, la loro durezza e mascolinità nei tackle, il loro arbitraggio un pò aggressivo rispetto a quello degli altri paesi, le centinaia di magliette originali vendute, gli stadi sempre pieni dal venerdì sera al lunedì, la compostezza del tifo senza le barriere, insomma il modello perfetto!
In parte è vero ma, come direbbero alcuni osservatori, "il più pulito ha la rogna".
E' proprio vero che il calcio inglese gode di ottima salute?
Perchè a guardare la situazione economica delle squadre o i bilanci delle stesse non si direbbe proprio. Andando a fare un pò di conti scopriamo che il sistema finanziario di tutte le squadre della premier league, ovvero il debito complessivo delle squadre inglesi è di 3 miliardi e 800 milioni di euro all' anno.
Il primo ad aprire le danze fu il West Ham la squadra attualmente allenata da Zola.
Il proprietario era un islandese e l' Islanda con la grande crisi è stato uno dei paesi più colpiti al punto che si parlò di fallimento dell'intero Stato islandese.
Il proprietario era un banchiere, le banche colarono a picco e lui fu costretto a cedere il club.
Il club si è salvato solo grazie all'intervento del re del porno inglese, una sorta di Schicchi inglese,
un miliardario che ha messo i soldi e ha salvato la barca.
A seguire il Tottenham, il quale sponsor, la compagnia aerea XL, da punto in bianco non versò nelle casse della società nemmeno una sterlina.
Neanche il Liverpool non se la passa meglio: acquistato dagli americani con l' obbligo di riparare i 35o milioni di debiti che il club aveva, hanno semplicemente risposto che, considerati gli eventi, il debito ancora non si può estinguere e la promessa di costruire un nuovo stadio si è allontanata inesorabilmente.
L' Everton e il Newcastle sono in vendita ma ancora non hanno trovato gli acquirenti.
Il Manchester United, la squadra- prodotto di marketing per eccellenza perde 57 milioni di euro all' anno, risulta essere il club più ricco al mondo per ciò che riguarda il valore complessivo, il proprietario è un certo Malcom Glazer, un americano che partito da giovane a noleggiare roulette per turisti si è comprato la squadra di football americana della città di Tampa, in Florida, i Tampa Buccaneer appunto.
Solo qualche settimana fa ha emesso un obbligazione, cioè un prestito finanziario di 500 milioni di sterline per sette anni. Questo Glaze deve essere un tipo furbo perchè in pratica il Manchester per adesso paga 66 milioni di euro di interessi all'anno proprio perchè questo tizio, una volta acquistato il club, ha scaricato i debiti che aveva fatto comprando mesi prima i Buccanner: cornuti e mazziati! Non sono bastati i 90 milioni di Christiano Ronaldo dal Real.
Il Chelsea spera di fare a meno, a partire dall'anno prossimo, dei 66 milioni di euro che Abramovic ha messo di tasca propria. E in che modo!
In pratica tutti i debiti del Chelsea, quindi anche quelli antecedenti alla gestione Abramovic, pari a 900 milioni di euro (quasi 1 miliardo di euro), li hanno trasformati in azioni, ciò significa che Abramovic si è accollato quasi 1 miliardo di debiti sulla propria fortuna personale, di tasca propria.
La differenza con l' Italia sta nei numeri, ed oltre al presunto calcio spettacolo che si godrebbe al di là della Manica: l' insieme dei debiti delle società italiane fa la somma di due miliardi di euro, la metà di quello inglese.
Subito gli esperti di mercato tendono a sminuire questa differenza dicendo che gli inglesi possono porre fine a questo problema grazie alla capacità commerciale, ben più radicata in Inghilterra, col giro di affari che creano e noi no. Matematicamente però i dati e i conti sono questi.
Il Portsmouth è fallito in campionato in corso, gioca per onore della faccia e della maglia ma quasi nessuno tabloid inglese ne aveva dato ampio risalto.
Il prossimo anno sarà retrocesso in First Division con buona pace di chi ha sempre esaltato la solidità del management dei club british.
Il Manchester City si è salvato solo dopo l' intervento degli sceicchi, è riuscito ad azzerare i debiti ma ogni anno registra perdite anche a causa della campagna acquisti.
L'Arsenal ha emesso obbligazioni garantite dagli incassi dell'avveniristico Emirates Stadium.
A mettersi di traverso c'è anche il governo inglese che ha alzato le aliquote dal 40 al 45 % sui redditi superiori ai 110 mila euro.
L' opposto di ciò che fa la Spagna e quello che fa l'italia ma i critici sotengono che così si getta benzina sul fuoco perchè si pone un freno nell'attrarre capitali e giocatori esteri in un momento delicato.
Anche la moneta ci si mette in mezzo. Finora la sterlina godeva di un margine del valore di 1, 45 0 addirittura 1, 60 sull'euro. Adesso il differenziale si è praticamente azzerato e questo provoca ulteriori problemi per i club nella campagna acquisti...
Anche il fattore verso il quale il calcio gode dell'ammirazione di tutto il mondo sta vacillando: la presunta civiltà del tifo.
Si sa che è solo una cosa di facciata, ormai nei documentari della polizia di tutto il mondo, ci sono testimonianze e video di tifosi che si danno appuntamento fuori lo stadio, anche giorni prima della partita e si picchiano.
Il fenomeno hooligans terrorizza ogni angolo del mondo dove la squadra locale gioca.
In Inghilterra tre domeniche fa anche Zola è rimasto terrorizzato dalla terza invasione di campo dei tifosi, dopo una notte di guerriglia e di scontri tra le opposte tifoesrie e la polizia avvenuti prima, durante e dopo.
Diciamo la verità, in Inghilterra si prevedono delle pene e si applicano, da noi sono previste ma non si applicano. Il mito che circonda il calcio inglese è la buona stampa che hanno.
Nazionalista, orgogliosa. La campagna di comunicazione che il sistema riesce a creare perchè appunto gode di ottima stampa. Cosa che non abbiamo in Italia, purtroppo.
Noi abbiamo quel senso di inferiorità verso i nomi come Wembley, Old Trafford, quell'invidia di raccontare il modello inglese come inarrivabile.
Sì certo anche noi facciamo le plusvalenze, aggiungiamo zeri da una parte del bilancio e li mettiamo dall'altra, noi compriamo giocatori e scaviamo nell'albero genealogico di un giocatore con la speranza di trovargli un trisavolo per poi naturalizzarlo senza che questo calciatore sappia quale sia la nostra capitale.
Anche noi abbiamo le nostre colpe e i nostri maledetti difetti, ma siamo 4 volte campioni del mondo e loro solo una, questo qualcosa vorrà pur dire!

Fonte: Beppe di Corrado, Internet e blog vari.


sabato 13 marzo 2010

Il pianto Greco


L' onda anomala che ha travolto le economie di mezzo mondo si chiama mutuo subprime che, partita dagli USA, ha scatenato una reazione su tutta la finanza mondiale e le economie dei Paesi.
Uno dei Paesi europei che più sta soffrendo dai postumi della grande crisi è la Grecia.
La Grecia fa parte dei così detti paesi PIGS che in inglese significa "maiali" ma in realtà è l'acronimo di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna.
Inizialmente gli economisti avevano incluso l'Italia al posto dell'Irlanda, ma alla fine hanno convenuto che la situazione irlandese fosse più a rischio.
Per capire la gravità della situazione, basti pensare che la manovra finanziaria straordinaria approvata dal governo greco una settimana fa comprende il congelamento degli stipendi pubblici (consideriamo che 1 greco su 5 è un dipendente pubblico), e delle pensioni, tagli di un terzo alle tredicesime, quattordicesime, aumento di due punti dell'IVA, aumenti sulla benzina e sulle sigarette.
Così si sono scatenate le varie proteste dei sindacati pubblici e privati che hanno paralizzato per giorni la Grecia.
La cosa che più sorprende è che già da un pò il governo, desideroso di far cassa, sta vendendo i gioielli di famiglia.
Il porto del Pireo è il primo nell' europa e il terzo nel mondo per quantità di passeggeri, nonchè il più grande del mediterraneo come trasporto di container.
Già lo scorso novembre 3 grandi banchine sono state cedute per 35 anni ad una società cinese insieme a tutto il movimento merci pe 7,6 miliardi di dollari.
Questo significa che i mercati, in primis quello greco, saranno inondati di materiale a basso costo cinese mettendo in crisi l'artigianato locale, la spina dorsale di un paese come quello ellenico.
In parole povere: sono i cinesi a stabilire cosa può sbarcare in Grecia e cosa no.
Il settimanale tedesco Bild va giù pesante perchè ha messo nelle copertine un' immagine della Grecia col Portenone e con la scritta: "vendetecelo!"
Non c' è molto da scherzare perchè oltre il porto del Pireo anche alcune isole degli arcipelaghi sono state vendute a società inglesi, all'attore Tom Hanks, a Madonna.
Già cresce la mobilitazione per salvare la reputazione della Patria tra gli artisti famosi di origini greche. Oltre alla moglie di Tom Hanks, una famosa cantante greca ha detto che devolverà lo stipendio di europarlamentare per la creazione di un fondo per disoccupati.
Il presidente della camera ha lanciato un appello ai 7 milioni di residenti greci all' estero per aggiungersi a questo fondo (tra le quali Jennifer Aniston perchè il padre è cretese nonchè fondatore della compagnia aerea Easyjet).
Molti hanno criticato l'azione del governo perchè pensano che invece doveva agire contro le spese militari visto che la Grecia, nella logica nazionalista di contrasto verso la Turchia, spende mezzo miliardo di euro all'anno in armamenti, cacciabomardieri e sommergibili.
Alcuni pensano che l'aumento dell'IVA di due punti sarà un fallimento data l'alta percentuale di evasione che c' è in Grecia (un dottore o un avvocato non dichiarano più di 10 mila euro all'anno!)
Dal punto di vista delle finanze pubbliche la situazione non è rosea: il deficit che i Greci truccavano non era al 6% ma al 13% del PIL nazionale.
Le banche tedesche sono quelle che concedevano più crediti allo Stato ellenico, quasi 43,4 miliardi di euro e adesso gli stessi tedeschi sono quelli che insieme ai francesi dovranno decidere se salvare la Grecia o lasciarla fallire.
Fallire però sarebbe un duro colpo per tutta l'immagine dell'Europa e della zona euro.
In altri tempi la procedura da fare era una svalutazione della moneta per guadagnare competitività nei mercati, ma oggi nell' euro non si può dunque Sarkozy e la Merkel stanno discutendo sul da farsi.
Un' altra alternativa paventata è quella di uscire dalla moneta unica, ma questo nei trattati comunitari monetari non è previsto.
A volte ci accorgiamo di stare un pò meglio degli altri prendendo atto della situazione nella quale versano gli altri paesi. L' Italia, sì, attraversa una fase molto difficile e i tempi sono duri.
Spiace per la Grecia e speriamo che per tutti finisca questo eterno periodo di vacche magre...

Fonti: Internet, Stefano Cingolani, Il Foglio, Repubblica, il sole24ore

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